E cresciuto che fu cominciò a esercitarlo nella pittura, vedendolo a cotal arte molto inclinato, di bellissimo ingegno: onde non passarono molti anni che Raffaello, ancor fanciullo, gli fu di grande aiuto in molte opere che Giovanni fece nello Stato d’Urbino. […] Laonde fu poi creato Leon Decimo, il quale volle che tale opera si seguisse; e Raffaello ne salì con la virtù in cielo e ne trasse cortesie infinite, avendo incontrato in un principe sì grande, il quale per eredità di casa sua era molto inclinato a tale arte. […] Era tanta la grandezza di questo uomo, che teneva disegnatori per tutta Italia, a Pozzuolo e fino in Grecia; né restò d’avere tutto quello che di buono per questa arte potesse giovare. […] E certo fra le sue doti singulari ne scorgo una di tal valore che in me stesso stupisco, che il cielo gli diede forza di poter mostrare ne l’arte nostra uno effetto sì contrario alle complessioni di noi pittori; questo è che naturalmente gli artefici nostri, non dico solo i bassi, ma quelli che hanno umore d’esser grandi (come di questo umore l’arte ne produce infiniti), lavorando ne l’opere in compagnia di Raffaello stavano uniti e di concordia tale che tutti i mali umori nel veder lui si amorzavano, et ogni vile e basso pensiero cadeva loro di mente: la quale unione mai non fu più in altro tempo che nel suo. […] Beata veramente ti potevi chiamare, da che per l’orme di tanto uomo hanno pur visto gli allievi tuoi come si vive, e che importi l’avere accompagnato insieme arte e virtute; le quali in Raffaello congiunte, potettero sforzare la grandezza di Giulio II e la generosità di Leone X, nel sommo grado e degnità che egli erono, a farselo familiarissimo et usarli ogni sorte di liberalità, talché poté col favore e con le facultà che gli diedero fare a sé et a l’arte grandissimo onore.