Studiò questo eccellentissimo pittore nella città di Firenze le cose vecchie di Masaccio, e quelle che vide nei lavori di Lionardo e di Michelagnolo lo feciono attendere maggiormente agli studî, e per conseguenza acquistarne miglioramento straordinario all’arte et alla sua maniera. […] Avenne adunque in questo tempo che Michelagnolo fece al Papa nella cappella quel romore e paura di che parleremo nella Vita sua, onde fu sforzato fuggirsi a Fiorenza; per il che avendo Bramante la chiave della capella, a Rafaello, come amico, la fece vedere, acciò che i modi di Michele Agnolo comprendere potesse. […] Queste cose, dico, considerando Raffaello, si risolvé, non potendo aggiugnere Michelagnolo in quella parte dove egli aveva messo mano, di volerlo in queste altre pareggiare e forse superarlo; e così si diede non ad imitare la maniera di colui, per non perdervi vanamente il tempo, ma a farsi un ottimo universale in queste altre parti che si sono raccontate. […] E questa si vide perfetta poi nelle Sibille e ne’ Profeti dell’opera che fece, come si è detto, nella Pace: al fare della quale opera gli fu di grande aiuto l’aver veduto nella capella del Papa l’opera di Michelagnolo. E se Raffaello si fusse in questa sua detta maniera fermato, né avesse cercato di aggrandirla e variarla per mostrare che egli intendeva gl’ignudi così bene come Michelagnolo, non si sarebbe tolto parte di quel buon nome che acquistato si aveva; perciò che gli ignudi che fece nella camera di torre Borgia, dove è l’incendio di Borgo Nuovo, ancora che siano buoni, non sono in tutto eccellenti.