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4. (1568) Vita di Raffaello

Immaginossi Raffaello nel componimento di questa opera il dolore che hanno i più stretti et amorevoli parenti nel riporre il corpo d’alcuna più cara persona, nella quale veramente consista il bene, l’onore e l’utile di tutta una famiglia; vi si vede la Nostra Donna venuta meno, e le teste di tutte le figure molto graziose nel pianto, e quella particolarmente di San Giovanni, il quale, incrocicchiate le mani, china la testa con una maniera da far comuovere qual è più duro animo a pietà; e di vero, chi considera la diligenza, l’amore, l’arte e la grazia di quest’opera, ha gran ragione di maravigliarsi, perché ella fa stupire chiunque la mira per l’aria delle figure, per la bellezza de’ panni, et in[II. 69]somma per una estrema bontà ch’ell’ha in tutte le parti. […] Similmente vi è Aristotile e Platone, l’uno col Timeo in mano, l’altro con l’Etica, dove intorno li fanno cerchio una grande scuola di filosofi. Né si può esprimere la bellezza di quelli astrologi e geometri che disegnano con le seste in su le tavole moltissime figure e caratteri. […] E sopra l’altra finestra ch’è volta nel cortile fece, nell’altro tondo, una Giustizia con le sue bilance e la spada inalberata, con i medesimi putti che a l’altre, di somma bellezza, per aver egli nella storia di sotto della faccia fatto come si dà le leggi civili e le canoniche, come a suo luogo diremo. […] Fece nell’altra faccia, dove è l’altra finestra, da una parte Giustiniano che dà le leggi ai dottori che le corregghino, e sopra la Temperanza, la Fortezza e la Prudenza.

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