/ 1
1. (1568) Vita di Raffaello

Fece al medesimo un quadretto d’un Cristo che òra nell’orto, e lontani alquanto i tre Apostoli che dormono; la qual pittura è tanto finita, che un minio non può essere né migliore né altrimenti. […] È in questa divinissima pittura un Cristo morto portato a sotterrare, condotto con tanta freschezza e sì fatto amore, che a vederlo pare fatto pur ora. […] Fece poi Raffaello per il monasterio di Palermo, detto Santa Maria dello Spasmo, de’ frati di Monte Oliveto, una tavola d’un Cristo che porta la croce, la quale è tenuta cosa maravigliosa, conoscendosi in quella la impietà de’ crocifissori che lo conducono alla morte al monte Calvario con grandissima rabbia, dove il Cristo appassionatissimo nel tormento dello avvicinarsi alla morte, cascato in terra per il peso del legno della croce e bagnato di sudore e di sangue, si volta verso le Marie, che piangono dirot[t]issimamente. […] Dipinse a Giulio cardinale de’ Medici e vicecancelliere una tavola della Trasfigurazione di Cristo per mandare in Francia, la quale egli di sua mano continuamente lavorando ridusse ad ultima perfezzione. Nella quale storia figurò Cristo trasfigurato nel monte Tabor, e appiè di quello gli undici Discepoli che lo aspettano, dove si vede condotto un giovanetto spiritato, acciò che Cristo sceso del monte lo liberi; il quale giovanetto, mentre che con attitudine scontorta si prostende gridando e stralunando gli occhi, mostra il suo patire dentro nella carne, nelle vene e ne’ polsi contaminati dalla malignità dello spirto, e con pallida incarnazione fa quel gesto forzato e pauroso.

/ 1