/ 1
1 (1568) Vita di Raffaello
Quanto largo e benigno si dimostri talora il Cielo nell’accumulare una persona sola l’infinite ricchezze de’ suoi tesori
à che suole alcuna volta vedersi in coloro che più degl’altri hanno a una certa umanità di natura gentile aggiunto un ornam
na certa umanità di natura gentile aggiunto un ornamento bellissimo d’ una graziata affabilità, che sempre suol mostrarsi do
ncora in San Francesco di Perugia alcune figure che egli vi lavorò in una tavola a olio per madonna Madalena degli Oddi; e
orò in una tavola a olio per madonna Madalena degli Oddi; e ciò sono: una Nostra Donna assunta in cielo e Gesù Cristo che l
Apostoli che contemplano la gloria celeste; e a piè della tavola, in una predella di figure piccole spartite in tre storie
rugia, se n’andò con alcuni amici suoi a Città di Castello, dove fece una tavola in Santo Agostino di quella maniera, e sim
vola in Santo Agostino di quella maniera, e similmente in S. Domenico una d’un Crucifisso, la quale, se non vi fusse il suo
bene di Pietro. In San Francesco ancora della medesima città fece in una tavoletta lo Sposalizio di Nostra Donna, nel qual
ta festa e piacere dell’uno e dell’altro; è nell’attitudine d’ambidue una certa simplicità puerile e tutta amorevole, oltre
nò Raffaello a Perugia, dove fece nella chiesa de’ Frati de’ Servi in una tavola, alla cappella degl’Ansidei, una Nostra Do
chiesa de’ Frati de’ Servi in una tavola, alla cappella degl’Ansidei, una Nostra Donna, San Giovanni Battista e San Nicola;
gnere nella medesima città, dalle Donne di Santo Antonio da Padoa, in una tavola la Nostra Donna, et in grembo a quella, sì
egli volesse farle per la sua cappella nella chiesa di San Francesco una tavola; ma perché egli non poté servirla allora,
a, nella quale veramente consista il bene, l’onore e l’utile di tutta una famiglia; vi si vede la Nostra Donna venuta meno,
di San Giovanni, il quale, incrocicchiate le mani, china la testa con una maniera da far comuovere qual è più duro animo a
’aria delle figure, per la bellezza de’ panni, et in[II. 69]somma per una estrema bontà ch’ell’ha in tutte le parti. Finito
e tornato a Fiorenza, gli fu dai Dei, cittadini fiorentini, allogata una tavola che andava alla cappella dell’altar loro i
pignevano da più maestri; e così stavano come si vedeva, che ve n’era una che da Pietro della Francesca vi era una storia f
come si vedeva, che ve n’era una che da Pietro della Francesca vi era una storia finita, e Luca da Cortona aveva condotta a
ra una storia finita, e Luca da Cortona aveva condotta a buon termine una facciata, e don Pietro della Gatta abbate di San
to molte carezze da Papa Iulio, cominciò nella camera della Segnatura una storia quando i teologi accordano la filosofia e
col Timeo in mano, l’altro con l’Etica, dove intorno li fanno cerchio una grande scuola di filosofi. Né si può esprimere la
go II duca di Mantova, che si trovava allora in Roma. Èvvi similmente una figura che, chinata a terra, con un paio di seste
on è men desso che se e’ fusse vivo, tanto è ben ritratto. E allato a una figura che volta il didietro et ha una palla del
nto è ben ritratto. E allato a una figura che volta il didietro et ha una palla del cielo in mano è il ritratto di Zoroastr
o di questa opera, ritrattosi da sé medesimo nello specchio: questo è una testa giovane e d’aspetto molto modesto, acompagn
questo è una testa giovane e d’aspetto molto modesto, acompagnato da una piacevole e buona grazia, con la berretta nera in
vede nelle teste e figure de’ Vangelisti, a’ quali ha fatto nel viso una certa attenzione et accuratezza molto naturale, e
uno Angelo e che le distende in sun un libro, un vecchio che, messosi una carta in sul ginocchio, copia tanto quanto San Ma
nelli, tenere il campo senza contrasto. Adornò ancora questa opera di una prospettiva e di molte figure, finite con tanto d
tesche; e dove erano alcuni tondi, che son quattro, fece per ciascuno una figura del significato delle storie di sotto, vòl
’astrologia, geometria e poesia che si accordano con la teologia, v’è una femmina fatta per la Cognizione delle cose, la qu
v’è una femmina fatta per la Cognizione delle cose, la quale siede in una sedia che ha per reggimento da ogni banda una dea
cose, la quale siede in una sedia che ha per reggimento da ogni banda una dea Cibele, con quelle tante poppe con che dagli
in persona di Polinnia coronata di lauro, e tiene un suono antico in una mano et un libro nell’altra; e sopraposte le gamb
che è fatto sopra la storia dove i santi Dottori ordinano la messa, è una Teologia con libri et altre cose attorno, co’ med
sopra l’altra finestra ch’è volta nel cortile fece, nell’altro tondo, una Giustizia con le sue bilance e la spada inalberat
e de’ peducci di quella, fece quattro storie disegnate e colorite con una gran diligenza, ma di figure di non molta grandez
orite con una gran diligenza, ma di figure di non molta grandezza: in una delle quali, verso la Telogia, fece il peccar di
è il monte Parnaso et il fonte di Elicona, fece intorno a quel monte una selva ombrosissima di lauri, ne’ quali si conosce
a quasi il tremolare delle foglie per l’aure dolcissime, e nella aria una infinità di Amori ignudi con bellissime arie di v
a sei, a tre, a due disputando per la storia, si vede nelle cere loro una certa curiosità et uno affanno nel voler trovare
lando per l’aria. Fece nell’altra faccia, dove è l’altra finestra, da una parte Giustiniano che dà le leggi ai dottori che
’opera che fra’ Giovanni, come ne fa fede ancora in Verona sua patria una sagrestia di prospettive di legno bellissima in S
allegrezza e pietà; èvvi un Giuseppo che, appoggiando ambe le mani ad una mazza, pensoso in contemplare il Re e la Regina d
na mazza, pensoso in contemplare il Re e la Regina del cielo, sta con una ammirazione da vecchio santissimo: et amendue que
ontinovamente, non aveva però per questo. dato ancora alle sue figure una certa grandezza e maestà che e’ diede loro da qui
utti gl’uomini virtuosi amicissimo, fece non molto dopo allogazione d’ una cappella, e ciò per avergli poco inanzi Raffaello
ne d’una cappella, e ciò per avergli poco inanzi Raffaello dipinto in una loggia del suo palazzo, oggi detto i Chisii in Tr
uo palazzo, oggi detto i Chisii in Trastevere, con dolcissima maniera una Galatea nel mare sopra un carro tirato da due dol
, dipinse la tavola dello altar maggiore di Araceli, nella quale fece una Nostra Donna in aria con un paese bellissimo, un
esco, e San Girolamo ritratto da cardinale; nella qual Nostra Donna è una umiltà e modestia veramente da madre di Cristo, e
i quella penitenza che suole fare il digiuno, e nella testa si scorge una sincerità d’animo et una prontezza di sicurtà, co
ole fare il digiuno, e nella testa si scorge una sincerità d’animo et una prontezza di sicurtà, come in coloro che lontani
singulare e bellissimo. Dappoi continuando le camere di palazzo, fece una storia del miracolo del Sacramento del Corporale
arie e diverse figure: alcuni servono alla messa, altri stanno su per una scala ginoc[c]hioni, e alterate dalla novità del
colpa, e tanto ne’ maschi quanto nelle femmine; fra le quali ve n’ha una che a piè della storia da basso siede in terra te
l prete, maravigliosamente si storce mentre che ella ascolta ciò, con una grazia donnesca molto propria e vivace. Finse dal
inale di San Giorgio et infiniti; e nel rotto della finestra accomodò una salita di scalèe, che la storia mostra intera: an
e. Come mostrò ancora in questo medesimo luogo dirimpetto a questa in una storia, quando San Piero nelle mani d’Erode in pr
armate fuor della prigione sentono il romore de la porta di ferro, et una sentinella con una torcia in mano desta gli altri
rigione sentono il romore de la porta di ferro, et una sentinella con una torcia in mano desta gli altri, e mentre con quel
a è la più divina e da tutti tenuta la più rara. Egli fece ancora, in una delle pareti nette, il culto divino e l’arca degl
i bellissimi, e massimamente un gianetto macchiato che è cavalcato da una figura, la quale ha tutto lo ignudo coperto di sc
che di tali cose son digiuni. In questo medesimo tempo fece a Napoli una tavola, la quale fu posta in San Domenico nella c
orito e di bellezza singulare, attesoché egli è condotto di forza e d’ una vaghezza tanto leggiadra che io non penso che e’
nso che e’ si possa far meglio, vedendosi nel viso della Nostra Donna una divinità e ne la attitudine una modestia che non
vedendosi nel viso della Nostra Donna una divinità e ne la attitudine una modestia che non è possibile migliorarla. Finse c
grazia con esso che egli facesse per San Giovanni in Monte di Bologna una tavola, la quale è oggi lo[II. 77]cata nella cape
elle delicatissime mani di Raffaello potesse insieme con l’arte. Èvvi una Santa Cecilia che da un coro in cielo d’Angeli ab
gravità; questi è vestito d’un panno rosso semplice per mantello, e d’ una tonica verde sotto quello, alla apostolica, e sca
della medesima bontà un gran quadro ai conti da Canossa, nel quale è una Natività di Nostro Signore bellissima, con una au
a Canossa, nel quale è una Natività di Nostro Signore bellissima, con una aurora molto lodata, si come è ancora Santa Anna,
fatte e dipinte, e serve per tavola dell’altare, et in esso è dipinta una Santa Anna vecchissima a sedere, la quale porge a
la Nostra Donna tutto quello che di bellezza si può fare nell’aria di una Vergine, dove sia accompagnata negli occhi modest
e nella bocca virtù, senzaché l’abito suo è tale che [II. 78] mostra una semplicità et onestà infinita: e nel vero io non
ssima anch’ella; così per campo vi è un casamento, dove egli ha finto una finestra impannata che fa lume alla stanza dove l
avorato, che non si può dire quanto è bello. Ma fra l’altre cose vi è una palla della seggiola brunita e d’oro, nella quale
o, e gli mandò la testa d’un suo ritratto condotta da lui a guazzo su una tela di bisso, che da ogni banda mostrava parimen
, le quali Raffaello donò poi al Baviera suo garzone, ch’aveva cura d’ una sua donna, la quale Raffaello amò sino alla morte
Palermo, detto Santa Maria dello Spasmo, de’ frati di Monte Oliveto, una tavola d’un Cristo che porta la croce, la quale è
e’ dicono, essendo ella messa in mare per essere portata in Palermo, una orribile tempesta percosse ad uno scoglio la nave
rse la camera di torre Borgia, nella quale aveva fatto in ogni faccia una storia, due sopra le finestre e due altre in quel
na storia, due sopra le finestre e due altre in quelle libere. Era in una lo incendio di Bo[r]go Vec[II. 80]chio di Roma, c
ramente: nella quale storia si veggiono diversi pericoli figurati. Da una parte vi sono femmine che dalla tempesta del vent
vasi in mano et in capo, sono aggirati loro i capegli et i panni con una furia terribilissima; altri che si studiano butta
bra dal peso del vecchio abbandonato adosso a quel giovane; séguitalo una vecchia scalza e sfibbiata che viene fuggendo il
ndo il fuoco, et un fanciulletto gnudo loro innanzi. Così dal sommo d’ una rovina si vede una donna ignuda tutta rabbuffata,
fanciulletto gnudo loro innanzi. Così dal sommo d’una rovina si vede una donna ignuda tutta rabbuffata, la quale avendo il
re quello che si imaginò questo ingegnosissimo e mirabile artefice in una madre che, messosi i figlioli innanzi, scalza, sf
el medesimo S. Leon IIII, dove ha finto il porto di Ostia occupato da una armata di Turchi che era venuta per farlo prigion
in mare l’armata, e già al porto esser venuti prigioni infiniti che d’ una barca escano tirati da certi soldati per la barba
dati per la barba, con bellissime cere e bravissime attitudini, e con una differenza di abiti da galeotti sono menati innan
ori della Chiesa, messi in mezzo da varii termini, e condotto tutto d’ una maniera che ogni cosa mostra spirto et affetto e
tto e considerazione, con quella concordanzia et unione di colorito l’ una con l’altra che migliore non si può imaginare. E
per questa arte potesse giovare. Per che seguitando egli ancora, fece una sala, dove di terretta erano alcune figure di Apo
vura e forza e terrore, avendo già fatto cader Lucifero, e quello con una zagaglia gettato rovescio; insomma fu sì fatta qu
o non poteva molto attendere a lavorare per lo amore ch’e’ portava ad una sua donna; per il che Agostino si disperava di so
tavola; e ne’ peducci della volta fece molte storie, fra le quali in una è Mercurio col flauto che volando par che scenda
detto, nella quale, oltre che la dipinse, diede ordine che si facesse una maravigliosa sepoltura, et a Lorenzetto scultor f
le portandogli per la bellezza sua grandissimo amore, e trovandosi da una infirmità percosso, gli fu domandato in dono da m
o Benintendi. Dipinse a Giulio cardinale de’ Medici e vicecancelliere una tavola della Trasfigurazione di Cristo per mandar
ostoli fiso, pare che sperando in loro faccia animo a se stesso. Èvvi una femina fra molte, la quale è principale figura di
ta opera, nella quale egli lo fece sopra a questo monte, diminuito in una aria lucida con Mosè et Elia, che alluminati da u
nte, diminuito in una aria lucida con Mosè et Elia, che alluminati da una chiarezza di splendore si fanno vivi nel lume suo
rdo; e se bene pare a molti che egli lo passasse nella dolcezza et in una certa facilità naturale, egli nondimeno non gli f
ere a tanta perfezzione, eglino non arebbono faticato invano né fatto una maniera molto dura, tutta piena di difficultà, se
Marco aveva un assai buon modo di dipignere, disegno ben fondato, et una maniera di colorito piacevole, ancorché talvolta
tri scelti delle cose migliori d’altri maestri, fece di molte maniere una sola, che fu poi sempre tenuta sua propria, la qu
a quale sono quelle parti che già s’è detto che ricerca e debbe avere una buona pittura. E se non avesse in questa opera, q
, hanno fatto o fanno miracoli nell’arte: perciò che chi non è atto a una cosa, non potrà mai, et affatichisi quanto vuole,
cortese non volle mancare della parola sua, e così accettò per donna una nipote di esso cardinale. E perché sempre fu mali
olta fra l’altre disordinò più del solito: per che tornato a casa con una grandissima febbre, fu creduto da’ medici che fos
acolo di quegli antichi di pietre nuove, et uno altare si facesse con una statua di Nostra Donna di marmo, la quale per sua
mediocri e con gl’infimi. E certo fra le sue doti singulari ne scorgo una di tal valore che in me stesso stupisco, che il c
/ 1