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1 (1568) Vita di Raffaello
e opere che Giovanni fece nello Stato d’Urbino. In ultimo, conoscendo questo buono et amorevole padre che poco poteva appresso
a vedere le difficultà che egli in tale esercizio andava cercando. In questo mentre, avendo egli acquistato fama grandissima n
no in quella stima che merita un’opera di Raffaello da Urbino. Studiò questo eccellentissimo pittore nella città di Firenze le
I. 69]somma per una estrema bontà ch’ell’ha in tutte le parti. Finito questo lavoro e tornato a Fiorenza, gli fu dai Dei, citt
Ghirlandaio, perch’egli finisse un panno az[z]urro che vi mancava. E questo avvenne perché Bramante da Urbino, essendo a’ ser
lo maestro di questa opera, ritrattosi da sé medesimo nello specchio: questo è una testa giovane e d’aspetto molto modesto, ac
ni mortali divinità di cosa dipinta. Con ciò fusse che Raffaello ebbe questo dono dalla natura, di far l’arie sue delle teste
a grande; et egli, che nome grandissimo aveva acquistato, ritrasse in questo tempo papa Giulio in un quadro a olio, tanto vivo
olo, con un quadro di Nostra Donna bellissimo, fatto medesimamente in questo tempo, dentrovi la Natività di Iesu Cristo, dove
quella città e che egli studiasse continovamente, non aveva però per questo . dato ancora alle sue figure una certa grandezza
grandezza e maestà che e’ diede loro da qui avanti. Avenne adunque in questo tempo che Michelagnolo fece al Papa nella cappell
pittura è stato accomodato et aperto e valente. Come mostrò ancora in questo medesimo luogo dirimpetto a questa in una storia,
razia che nelle altre cose lavorate di lui. Mentre che la felicità di questo artefice faceva di sé tante gran maravi[II. 76]gl
engono a difender la Chiesa: e se bene la storia di Leon III non dice questo , egli nondimeno per capriccio suo volse figurarla
arte nostra, massimamente per quegli che di tali cose son digiuni. In questo medesimo tempo fece a Napoli una tavola, la quale
tono i sensi alle figure sue e vivacità viva vi si scorge; per il che questo li diede, oltra le lodi che aveva, più nome assai
us ora: Ceciliae os Raphael atque animum explicuit. Fece ancora doppo questo un quadretto di figure piccole, oggi in Bologna m
anta diligenza, che credasi pure e sicuramente che maestro nessuno di questo meglio non faccia né abbia a fare. La quale opera
La quale opera fu cagione che il Papa di premio grande lo rimunerò; e questo quadro si trova ancora in Fiorenza nella guardaro
e di getto. Per queste e molte altre opere essendo passata la fama di questo nobilissimo artefice insino in Francia et in Fian
dove ripescata e tirata in terra, fu veduta essere cosa divina, e per questo messa in custodia, essendosi mantenuta illesa e s
interesse particulare non poteva disdire, non restava però con tutto questo di seguitare l’ordine che egli aveva cominciato d
proprio timor della morte. Né si può esprimere quello che si imaginò questo ingegnosissimo e mirabile artefice in una madre c
mente. Né si può contare minutissimamente le belle avvertenze che usò questo ingegnosissimo artefice nelle arie de’ prigioni,
se, ebbe origine da lui. Non si può scrivere le minuzie delle cose di questo artefice, ché invero ogni cosa nel suo silenzio p
pio del grado che egli teneva in tal virtù. Era tanta la grandezza di questo uomo, che teneva disegnatori per tutta Italia, a
rsi né imaginarsi di fare più bell’opera. E fu cagione la bellezza di questo lavoro che Raffaello ebbe carico di tutte le cose
divinità, lo guardi in questa opera, nella quale egli lo fece sopra a questo monte, diminuito in una aria lucida con Mosè et E
ennelli, sopragiugnendoli la morte. Ora, avendo raccontate l’opere di questo eccellentissimo artefice, prima che io venga a di
ordine accomodarle, si può chiamare valente e giudizioso artefice. A questo , sì come bene andò pensando Raffaello, s’aggiugne
tinta che altrimenti. Ho voluto quasi nella fine di questa Vita fare questo discorso per mostrare con quanta fatica, studio e
strare con quanta fatica, studio e diligenza si governasse sempre mai questo onorato artefice, e particolarmente per utile deg
i seppe la prudenza e virtù di Raffaello difendersi. Aggiugnerò ancor questo , che doverebbe ciascuno contentarsi di fare volen
na nipote di esso cardinale. E perché sempre fu malissimo contento di questo laccio, andò in modo mettendo tempo in mezzo, che
oi et ammira ogni tuo disegno lasciato! Ben poteva la pittura, quando questo nobile artefice morì, morire anche ella, ché quan
sperare: né di passar lui già mai si pensi spirito alcuno. Et oltre a questo beneficio che e’ fece all’arte, come amico di que
rte nostra uno effetto sì contrario alle complessioni di noi pittori; questo è che naturalmente gli artefici nostri, non dico
dico solo i bassi, ma quelli che hanno umore d’esser grandi (come di questo umore l’arte ne produce infiniti), lavorando ne l
i mente: la quale unione mai non fu più in altro tempo che nel suo. E questo avveniva perché restavano vinti dalla cortesia e
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