e opere che Giovanni fece nello Stato d’Urbino. In ultimo, conoscendo
questo
buono et amorevole padre che poco poteva appresso
a vedere le difficultà che egli in tale esercizio andava cercando. In
questo
mentre, avendo egli acquistato fama grandissima n
no in quella stima che merita un’opera di Raffaello da Urbino. Studiò
questo
eccellentissimo pittore nella città di Firenze le
I. 69]somma per una estrema bontà ch’ell’ha in tutte le parti. Finito
questo
lavoro e tornato a Fiorenza, gli fu dai Dei, citt
Ghirlandaio, perch’egli finisse un panno az[z]urro che vi mancava. E
questo
avvenne perché Bramante da Urbino, essendo a’ ser
lo maestro di questa opera, ritrattosi da sé medesimo nello specchio:
questo
è una testa giovane e d’aspetto molto modesto, ac
ni mortali divinità di cosa dipinta. Con ciò fusse che Raffaello ebbe
questo
dono dalla natura, di far l’arie sue delle teste
a grande; et egli, che nome grandissimo aveva acquistato, ritrasse in
questo
tempo papa Giulio in un quadro a olio, tanto vivo
olo, con un quadro di Nostra Donna bellissimo, fatto medesimamente in
questo
tempo, dentrovi la Natività di Iesu Cristo, dove
quella città e che egli studiasse continovamente, non aveva però per
questo
. dato ancora alle sue figure una certa grandezza
grandezza e maestà che e’ diede loro da qui avanti. Avenne adunque in
questo
tempo che Michelagnolo fece al Papa nella cappell
pittura è stato accomodato et aperto e valente. Come mostrò ancora in
questo
medesimo luogo dirimpetto a questa in una storia,
razia che nelle altre cose lavorate di lui. Mentre che la felicità di
questo
artefice faceva di sé tante gran maravi[II. 76]gl
engono a difender la Chiesa: e se bene la storia di Leon III non dice
questo
, egli nondimeno per capriccio suo volse figurarla
arte nostra, massimamente per quegli che di tali cose son digiuni. In
questo
medesimo tempo fece a Napoli una tavola, la quale
tono i sensi alle figure sue e vivacità viva vi si scorge; per il che
questo
li diede, oltra le lodi che aveva, più nome assai
us ora: Ceciliae os Raphael atque animum explicuit. Fece ancora doppo
questo
un quadretto di figure piccole, oggi in Bologna m
anta diligenza, che credasi pure e sicuramente che maestro nessuno di
questo
meglio non faccia né abbia a fare. La quale opera
La quale opera fu cagione che il Papa di premio grande lo rimunerò; e
questo
quadro si trova ancora in Fiorenza nella guardaro
e di getto. Per queste e molte altre opere essendo passata la fama di
questo
nobilissimo artefice insino in Francia et in Fian
dove ripescata e tirata in terra, fu veduta essere cosa divina, e per
questo
messa in custodia, essendosi mantenuta illesa e s
interesse particulare non poteva disdire, non restava però con tutto
questo
di seguitare l’ordine che egli aveva cominciato d
proprio timor della morte. Né si può esprimere quello che si imaginò
questo
ingegnosissimo e mirabile artefice in una madre c
mente. Né si può contare minutissimamente le belle avvertenze che usò
questo
ingegnosissimo artefice nelle arie de’ prigioni,
se, ebbe origine da lui. Non si può scrivere le minuzie delle cose di
questo
artefice, ché invero ogni cosa nel suo silenzio p
pio del grado che egli teneva in tal virtù. Era tanta la grandezza di
questo
uomo, che teneva disegnatori per tutta Italia, a
rsi né imaginarsi di fare più bell’opera. E fu cagione la bellezza di
questo
lavoro che Raffaello ebbe carico di tutte le cose
divinità, lo guardi in questa opera, nella quale egli lo fece sopra a
questo
monte, diminuito in una aria lucida con Mosè et E
ennelli, sopragiugnendoli la morte. Ora, avendo raccontate l’opere di
questo
eccellentissimo artefice, prima che io venga a di
ordine accomodarle, si può chiamare valente e giudizioso artefice. A
questo
, sì come bene andò pensando Raffaello, s’aggiugne
tinta che altrimenti. Ho voluto quasi nella fine di questa Vita fare
questo
discorso per mostrare con quanta fatica, studio e
strare con quanta fatica, studio e diligenza si governasse sempre mai
questo
onorato artefice, e particolarmente per utile deg
i seppe la prudenza e virtù di Raffaello difendersi. Aggiugnerò ancor
questo
, che doverebbe ciascuno contentarsi di fare volen
na nipote di esso cardinale. E perché sempre fu malissimo contento di
questo
laccio, andò in modo mettendo tempo in mezzo, che
oi et ammira ogni tuo disegno lasciato! Ben poteva la pittura, quando
questo
nobile artefice morì, morire anche ella, ché quan
sperare: né di passar lui già mai si pensi spirito alcuno. Et oltre a
questo
beneficio che e’ fece all’arte, come amico di que
rte nostra uno effetto sì contrario alle complessioni di noi pittori;
questo
è che naturalmente gli artefici nostri, non dico
dico solo i bassi, ma quelli che hanno umore d’esser grandi (come di
questo
umore l’arte ne produce infiniti), lavorando ne l
i mente: la quale unione mai non fu più in altro tempo che nel suo. E
questo
avveniva perché restavano vinti dalla cortesia e