e cose, tanto spendeva volentieri - ma con più risparmio che poteva -
nelle
cose di pittura e di scultura, delle quali si dil
no reverente all’altro, si fanno festa: senzaché ogni colpo di colore
nelle
teste, nelle mani e ne’ piedi sono anzi pennellat
all’altro, si fanno festa: senzaché ogni colpo di colore nelle teste,
nelle
mani e ne’ piedi sono anzi pennellate di carne ch
nera in capo. Né si può esprimere la bellezza e la bontà che si vede
nelle
teste e figure de’ Vangelisti, a’ quali ha fatto
gruppo le nove Muse et Appollo, con tanta bellezza d’arie e divinità
nelle
figure che grazia e vita spirano ne’ fiati loro;
stiani, i quali a sei, a tre, a due disputando per la storia, si vede
nelle
cere loro una certa curiosità et uno affanno nel
e cose è tenuta la miglior[e] e fra le tante belle bellissima, perché
nelle
femine e nei fanciulli che vi sono si vede grandi
i accenni tutta quella dottrina e sapienzia che egli scrivendo mostrò
nelle
sue carte, offerendo con ambe le mani il camerier
in molte uno affetto di rendersi in colpa, e tanto ne’ maschi quanto
nelle
femmine; fra le quali ve n’ha una che a piè della
n sarebbe stata punto bene. Laonde veramente si gli può dar vanto che
nelle
invenzioni dei componimenti, di che storie si fos
to medesimo luogo dirimpetto a questa in una storia, quando San Piero
nelle
mani d’Erode in prigione è guardato dagli armati,
’ due armati con le catene di ferro quel vecchio, il gravissimo sonno
nelle
guardie, et il lucidissimo splendor dell’Angelo n
ravissimo sonno nelle guardie, et il lucidissimo splendor dell’Angelo
nelle
scure tenebre della notte luminosamente far disce
ella quale non si conosce meno arte, invenzione, disegno e grazia che
nelle
altre cose lavorate di lui. Mentre che la felicit
ella beata Elena da l’Olio, nella quale opera mostrò quanto la grazia
nelle
delicatissime mani di Raffaello potesse insieme c
non meno raro e bello nella sua piccolezza che sieno l’altre cose sue
nelle
grandezze loro. A Verona mandò della medesima bon
e alla Nostra Donna il suo Figliuolo, di tanta bellezza ne l’ignudo e
nelle
fat[t]ezze del volto che nel suo ridere rallegra
io di Raffaello, in Mantova. Avendo dunque veduto Raffaello lo andare
nelle
stampe d’Alberto Durero, volonteroso ancor egli d
ga esperienza aver caro, oltra al giudicio buono che egli ha e mostra
nelle
cose dell’arte. Ma per tornare alle stampe, il fa
’ordine che egli aveva cominciato de le camere del Papa e de le sale,
nelle
quali del continuo teneva delle genti che con i d
ssimamente le belle avvertenze che usò questo ingegnosissimo artefice
nelle
arie de’ prigioni, ché senza lingua si conosce il
oni, ché senza lingua si conosce il dolore, la paura e la morte. Sono
nelle
altre due storie quando papa Leone X sagra il re
ri alcuna fiamma di fuoco e di zolfo: et in Lucifero, incotto et arso
nelle
membra con incarnazione di diverse tinte, si scor
o. E nella volta fece il concilio degli Dei in cielo, dove si veggono
nelle
loro forme molti abiti e lineamenti cavati dall’a
, parendogli aver seco obligo infinito: et ora si ritrova in Fiorenza
nelle
mani di Francesco Benintendi. Dipinse a Giulio ca
ndo e stralunando gli occhi, mostra il suo patire dentro nella carne,
nelle
vene e ne’ polsi contaminati dalla malignità dell
movenza e bravura. Considerò anco quanto importi la fuga de’ cavalli
nelle
battaglie, la fierezza de’ soldati, il saper fare
re stimata dagl’artefici infinitamente. E questa si vide perfetta poi
nelle
Sibille e ne’ Profeti dell’opera che fece, come s