i tempo suol compartire fra molti individui, chiaramente poté vedersi
nel
non meno eccellente che grazioso Raffael Sanzio d
le in Raf[II. 65]faello esser vinta dall’arte e dai costumi insieme E
nel
vero, poi che la maggior parte degl’artefici stat
Donna annunziata dall’Angelo, quando i Magi adorano Cristo, e quando
nel
tempio è in braccio a Simeone: la quale opera cer
a medesima città fece in una tavoletta lo Sposalizio di Nostra Donna,
nel
quale espressamente si conosce l’augumento della
a cercando. In questo mentre, avendo egli acquistato fama grandissima
nel
séguito di quella maniera, era stato allogato da
Nasi, al quale, avendo preso donna in que’ giorni, dipinse un quadro,
nel
quale fece fra le gambe alla Nostra Donna un putt
lo nella casa che detto Agnolo edificò bella e comodissima in Firenze
nel
corso de’ Tintori, appresso al Canto degl’Alberti
fatto amore, che a vederlo pare fatto pur ora. Immaginossi Raffaello
nel
componimento di questa opera il dolore che hanno
i questa opera il dolore che hanno i più stretti et amorevoli parenti
nel
riporre il corpo d’alcuna più cara persona, nella
ostra Donna venuta meno, e le teste di tutte le figure molto graziose
nel
pianto, e quella particolarmente di San Giovanni,
tà che si vede nelle teste e figure de’ Vangelisti, a’ quali ha fatto
nel
viso una certa attenzione et accuratezza molto na
putti, non men bella che l’altre. E sopra l’altra finestra ch’è volta
nel
cortile fece, nell’altro tondo, una Giustizia con
lauro e ne fanno ghirlande, e quelle spargano e gettano per il monte;
nel
quale pare che spiri veramente un fiato di divini
vengaché nell’aria e in cerchio son figurati que’ Santi a sedere, che
nel
vero, oltra al parer vivi di colori, scortano di
la storia, si vede nelle cere loro una certa curiosità et uno affanno
nel
voler trovare il certo di quel che stanno in dubb
edetto di Siena, et ancora la sagrestia di Monte Oliveto di Napoli, e
nel
luogo medesimo nella cappella di Paolo da Tolosa
orò et ingrandì fuor di modo la maniera e diedele più maestà; per che
nel
veder poi Michele Agnolo l’opera di Raffaello, pe
oggi detto i Chisii in Trastevere, con dolcissima maniera una Galatea
nel
mare sopra un carro tirato da due dolfini, a cui
ublicamente, avendola nondimeno veduta, alcuni Profeti e Sibille, che
nel
vero delle sue cose è tenuta la miglior[e] e fra
tezza di sicurtà, come in coloro che lontani dal mondo lo sbeffano, e
nel
praticare il publico odiano la bugia e dicono la
ambe le mani il cameriero in atto di raccomandarlo: il qual cameriero
nel
suo ritratto è non men vivo che si sia dipinto. N
onna, ardendo di carità nello affetto della pittu[II. 74]ra, la quale
nel
lineamento e nel colorito mostra che e’ si strugg
carità nello affetto della pittu[II. 74]ra, la quale nel lineamento e
nel
colorito mostra che e’ si strugga di affezzione,
dice messa, nella testa infocata di rosso la vergogna che egli aveva
nel
veder per la sua incredulità fatto liquefar l’ost
in sul corporale, e che spaventato negli occhi e fuor di sé, smarrito
nel
cospetto de’ suoi uditori, pare persona inrisolut
gliosissima, dove ritrasse il cardinale di San Giorgio et infiniti; e
nel
rotto della finestra accomodò una salita di scalè
nta è l’architettura che ha tenuto in tal cosa e tanta la discrezione
nel
casamento della prigione, che invero gli altri ap
garbate et eccellenti: come mostra in questa l’orrore della prigione
nel
veder legato fra que’ due armati con le catene di
e catene, esce fuor di prigione accompagnato dall’Angelo, dove mostra
nel
viso San Piero più tosto d’essere un sogno che vi
iata più scura, avvengaché quando si guarda tal pittura ti dà il lume
nel
viso, e contendono tanto bene insieme la luce viv
oi che vi è sopra fece quattro.storie: l’apparizione di Dio ad Abraam
nel
promettergli la moltiplicazione del seme suo, il
za et ardire celeste che suole il giudizio divino molte volte mettere
nel
volto de’ servi suoi per difender la santissima r
di pelle di coccodrilli. Èvvi Monte Mario che abrucia, mostrando che
nel
fine della partita de’ soldati gli aloggiamenti r
anto leggiadra che io non penso che e’ si possa far meglio, vedendosi
nel
viso della Nostra Donna una divinità e ne la atti
lla armonia, e si vede nella sua testa quella astrazzione che si vede
nel
viso di coloro che sono in estasi; oltra che sono
ellissime le teste di Santo Agostino e di San Giovanni Evangelista. E
nel
vero che l’altre pitture, pitture nominare si pos
Verona mandò della medesima bontà un gran quadro ai conti da Canossa,
nel
quale è una Natività di Nostro Signore bellissima
adro di Nostra Donna che egli mandò a Fiorenza: il qual quadro è oggi
nel
palazzo del duca Cosimo nella cappella delle stan
iuolo, di tanta bellezza ne l’ignudo e nelle fat[t]ezze del volto che
nel
suo ridere rallegra chiunque lo guarda; senzaché
nel suo ridere rallegra chiunque lo guarda; senzaché Raffaello mostrò
nel
dipignere la Nostra Donna tutto quello che di bel
gine, dove sia accompagnata negli occhi modestia, nella fronte onore,
nel
naso grazia e nella bocca virtù, senzaché l’abito
o suo è tale che [II. 78] mostra una semplicità et onestà infinita: e
nel
vero io non penso che per tanta cosa si possa ved
dove le figure son dentro. Fece in Roma un quadro di buona grandezza,
nel
quale ritrasse papa Leone, il cardinale Giulio de
papa Leone, il cardinale Giulio de’ Medici e il cardinale de’ Rossi,
nel
quale si veggono non finte ma di rilievo tonde le
nte Calvario con grandissima rabbia, dove il Cristo appassionatissimo
nel
tormento dello avvicinarsi alla morte, cascato in
a dunque di nuovo e condottola pure in Sicilia, la posero in Palermo,
nel
qual luogo ha più fama e riputazione che ‘l monte
ti dal fummo non cognoscono se stessi. Dall’altra parte v’è figurato,
nel
medesimo modo che Vergilio descrive che Anchise f
lei l’affetto del cercare di campare il figliuolo che il patire di sé
nel
pericolo dello ardentissimo fuoco che la avvampa;
rivere le minuzie delle cose di questo artefice, ché invero ogni cosa
nel
suo silenzio par che favelli; oltra i basamenti f
certo di avere aùpprovare continovamente pena. Il contrario si scorge
nel
San Michele, che, ancora che e’ sia fatto con ari
compiaciuto. Onde facendogli Agostin Ghigi, amico suo caro, dipignere
nel
palazzo suo la prima loggia, Raffaello non poteva
ad ultima perfezzione. Nella quale storia figurò Cristo trasfigurato
nel
monte Tabor, e appiè di quello gli undici Discepo
cchioni, mostrano avere grandissima compassione di tanta disgrazia. E
nel
vero egli vi fece figure e teste, oltra la bellez
è et Elia, che alluminati da una chiarezza di splendore si fanno vivi
nel
lume suo. Sono in terra prostrati Pietro, Iacopo
insieme con la virtù sua per mostrare lo sforzo et il valor dell’arte
nel
volto di Cristo, che finitolo, come ultima cosa c
ll’arie delle teste, così di maschi come di femmine, non ebbe pari, e
nel
dar grazia alle figure e ne’ moti superò tutti gl
iore in un certo fondamento terribile di concetti e grandezza d’arte,
nel
che pochi sono stati pari a Lionardo: ma Raffaell
a età che meglio apprende ogni cosa, e de lo spazzio di molti anni. E
nel
vero, chi non impara a buon’ora i buoni principii
i de’ vivi - che per la coperta della pelle non appariscono terminati
nel
modo che fanno levata la pelle -, e veduto poi in
o poi in che modo si facciano carnosi e dolci ne’ luoghi loro, e come
nel
girare delle vedute si facciano con grazia certi
l’invenzioni delle storie et i loro capricci con bel giudizio, e che
nel
fare i componimenti delle storie chi sa non confo
suo bisogno e capriccio, cioè un modo mezzano [II. 86] di fare, così
nel
dissegno come nel colorito; e mescolando col dett
riccio, cioè un modo mezzano [II. 86] di fare, così nel dissegno come
nel
colorito; e mescolando col detto modo alcuni altr
razione che aveva finita per il cardinale de’ Medici: la quale opera,
nel
vedere il corpo morto e quella viva, faceva scopp
di Raffaello stavano uniti e di concordia tale che tutti i mali umori
nel
veder lui si amorzavano, et ogni vile e basso pen
deva loro di mente: la quale unione mai non fu più in altro tempo che
nel
suo. E questo avveniva perché restavano vinti dal
ettero sforzare la grandezza di Giulio II e la generosità di Leone X,
nel
sommo grado e degnità che egli erono, a farselo f