stata cagione che molte volte si era più dimostrato in loro l’ombra e
lo
scuro de’ vizii che la chiarezza e splendore di q
avendo altri figliuoli, come non ebbe anco poi, che la propria madre
lo
allattasse, e che più tosto ne’ teneri anni apara
l putto, non senza molte lacrime della madre che teneramente l’amava,
lo
menò a Perugia, là dove Pietro, veduto la maniera
o. In San Francesco ancora della medesima città fece in una tavoletta
lo
Sposalizio di Nostra Donna, nel quale espressamen
quale, essendo amico di Raffaello e conoscendolo ottimo disegnatore,
lo
condusse a Siena, dove Raffaello gli fece alcuni
lla città molto onorato, e particolarmente da Taddeo Taddei, il quale
lo
volle sempre in casa sua et alla sua tavola, come
oli ma bellissimi e della seconda maniera, i quali sono oggi appresso
lo
illustrissimo et eccellentissimo Guidobaldo duca
o, quando porta la croce, dove sono bellissime movenze di soldati che
lo
stracinano, e quando è morto in grembo alla Madre
] più e meno eccellenti nella pittura. Prima che partisse,di Perugia,
lo
pregò madonna Atlanta Baglioni che egli volesse f
fa festa a un San Giovannino pòrtogli da Santa Elisabetta, che mentre
lo
sostiene con prontezza vivissima guarda un San Gi
Masaccio, e quelle che vide nei lavori di Lionardo e di Michelagnolo
lo
feciono attendere maggiormente agli studî, e per
, figura molto considerata et astratta, che per la sua bellezza e per
lo
suo abito così aùccaso è degna d’essere lodata. S
; èvvi la dotta Safo et il divinissimo Dante, il leggiadro Petrarca e
lo
amoroso Boccaccio, che vivi vivi sono, il Tibalde
gelisti, e’ Martiri su le nugole, con Dio Padre che sopra tutti manda
lo
Spirito Santo e massimamente sopra un numero infi
col far certi atti con la persona, con attenzione degli orecchi, con
lo
increspare delle ciglia e con lo stupire in molte
a, con attenzione degli orecchi, con lo increspare delle ciglia e con
lo
stupire in molte diverse maniere, certo variate e
Anna di Andrea Sansovino in Roma, Rafaello sùbito rifacesse di nuovo
lo
Esaia profeta che ci si vede, che digià lo aveva
sùbito rifacesse di nuovo lo Esaia profeta che ci si vede, che digià
lo
aveva finito; nella quale opera, per le cose vedu
sono si vede grandissima vivacità e colorito perfetto: e questa opera
lo
fe’ stimar grandemente vivo e morto, per essere l
imo et una prontezza di sicurtà, come in coloro che lontani dal mondo
lo
sbeffano, e nel praticare il publico odiano la bu
nrisoluta: e si conosce nell’attitudine delle mani quasi il tremito e
lo
spavento che si suole in simili casi avere. Fecev
co’ diversi lumi della notte, che ti par vedere il fumo della torcia,
lo
splendor dell’Angelo, con le scure tenebre della
tempio di tutti i depositi delle vedove e de’ pupilli: e già si vede
lo
sgombro delle robbe et i tesori che andavano via,
uire tale opera, e nell’altra faccia fece la venuta d’Atila a Roma, e
lo
incontrarlo appiè di Monte Mario che fece Leon II
ncontrarlo appiè di Monte Mario che fece Leon III pontefice, il quale
lo
cacciò con le sole benedizzioni. Fece Raffaello i
n gianetto macchiato che è cavalcato da una figura, la quale ha tutto
lo
ignudo coperto di scaglie a guisa di pesce: il ch
le gambe, facendo carezze a San Giovanni piccolo fanciullo, il quale
lo
adora insieme con Santa Elisabetta e Giuseppo. Qu
esse per San Giovanni in Monte di Bologna una tavola, la quale è oggi
lo
[II. 77]cata nella capella dove è il corpo della b
sono, ma quelle di Raffaello cose vive, perché trema la carne, vedesi
lo
spirito, battono i sensi alle figure sue e vivaci
udo e nelle fat[t]ezze del volto che nel suo ridere rallegra chiunque
lo
guarda; senzaché Raffaello mostrò nel dipignere l
abbia a fare. La quale opera fu cagione che il Papa di premio grande
lo
rimunerò; e questo quadro si trova ancora in Fior
, ereditario di Raffaello, in Mantova. Avendo dunque veduto Raffaello
lo
andare nelle stampe d’Alberto Durero, volonteroso
ell’arte nostra e gli artefici il fratello suo Simon Botti, che oltra
lo
esser tenuto da tutti noi [II. 79] per uno de’ pi
maravigliosa, conoscendosi in quella la impietà de’ crocifissori che
lo
conducono alla morte al monte Calvario con grandi
toria, due sopra le finestre e due altre in quelle libere. Era in una
lo
incendio di Bo[r]go Vec[II. 80]chio di Roma, che
o, San Leone IIII si fa alla loggia di palazzo, e con la benedizzione
lo
estingue interamente: nella quale storia si veggi
donna ignuda tutta rabbuffata, la quale avendo il figliuolo in mano,
lo
getta ad un suo che è campato dalle fiame e sta n
tissimo fuoco che la avvampa; né meno passione si scorge in colui che
lo
piglia per cagione d’esso putto che per cagion de
cosa bellissima. Ne disegnò ancora uno al vescovo di Troia, il quale
lo
fece fare in Fiorenza nella via di San Gallo. Fec
la prima loggia, Raffaello non poteva molto attendere a lavorare per
lo
amore ch’e’ portava ad una sua donna; per il che
cosso, gli fu domandato in dono da messer Iacopo da Carpi medico, che
lo
guarì; e per averne egli voglia, a se medesimo lo
a Carpi medico, che lo guarì; e per averne egli voglia, a se medesimo
lo
tolse, parendogli aver seco obligo infinito: et o
sfigurato nel monte Tabor, e appiè di quello gli undici Discepoli che
lo
aspettano, dove si vede condotto un giovanetto sp
de condotto un giovanetto spiritato, acciò che Cristo sceso del monte
lo
liberi; il quale giovanetto, mentre che con attit
e preso animo, fatto gli occhi tondi con la luce in mezzo, mostra con
lo
alzare le ciglia et increspar la fronte in un tem
anzi a quegli, voltando la testa loro e coll’atto delle braccia verso
lo
spiritato, mostra la miseria di colui; oltra che
noscere [il] mostrare [in] pittura Cristo trasfigurato alla divinità,
lo
guardi in questa opera, nella quale egli lo fece
asfigurato alla divinità, lo guardi in questa opera, nella quale egli
lo
fece sopra a questo monte, diminuito in una aria
pare che tanto si restrignesse insieme con la virtù sua per mostrare
lo
sforzo et il valor dell’arte nel volto di Cristo,
icultà non poté mai passare Lionardo; e se bene pare a molti che egli
lo
passasse nella dolcezza et in una certa facilità
vuto bisogno di quella tenera età che meglio apprende ogni cosa, e de
lo
spazzio di molti anni. E nel vero, chi non impara
artefice. A questo, sì come bene andò pensando Raffaello, s’aggiugne
lo
arric[c]hirle con la varietà e stravaganza delle
o fatto molti artefici dell’età nostra, che per aver voluto seguitare
lo
studio solamente delle cose di Michelagnolo non h
appresso per essere stato sì caro al Papa che la sua morte amaramente
lo
fece piagnere. O felice e beata anima, da che ogn
ni. Dicesi che ogni pittore che conosciuto l’avesse, et anche chi non
lo
avesse conosciuto, se lo avessi richiesto di qual
re che conosciuto l’avesse, et anche chi non lo avesse conosciuto, se
lo
avessi richiesto di qualche disegno che gli bisog
stando a’ suoi servigi, sotto lui operò, perché ritrovo chiunche che
lo
imitò essersi a onesto porto ridotto: e così queg