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1 (1568) Vita di Raffaello
curo de’ vizii che la chiarezza e splendore di quelle virtù che fanno gli uomini imortali, fu ben ragione che, per contrari
gliuoli non con il latte delle balie ma delle proprie madri, nato che gli fu Raffaello, al quale così pose nome al battesim
ngegno: onde non passarono molti anni che Raffaello, ancor fanciullo, gli fu di grande aiuto in molte opere che Giovanni fe
iuolo, si dispose di porlo con Pietro Perugino, il quale, secondo che gli veniva detto, teneva in quel tempo fra i pittori
e persona costumata era e gentile, fece seco amicizia, e quando tempo gli parve, col più acconcio modo che seppe gli disse
o amicizia, e quando tempo gli parve, col più acconcio modo che seppe gli disse il desiderio suo; e così Pietro, che era co
conoscendolo ottimo disegnatore, lo condusse a Siena, dove Raffaello gli fece alcuni dei disegni e cartoni di quell’opera.
utile e comodo suo, se ne venne a Fiorenza. Dove arrivato, perché non gli piacque meno la città che quell’opere, le quali g
ivato, perché non gli piacque meno la città che quell’opere, le quali gli parvero divine, deliberò di abitare in essa per a
mpre in casa sua et alla sua tavola, come quegli che amò sempre tutti gli uomini inclinati alla virtù; e Raffaello, che era
aello, che era la gentilezza stessa, per non esser vinto di cortesia, gli fece due quadri, che tengono della maniera prima
one per la detta cappella con animo d’andare, come fece, quanto prima gli venisse in acconcio, a metterlo in opera. Dimoran
nelle cose di pittura e di scultura, delle quali si dilettava molto, gli fece fare il ritratto di sé e della sua donna in
’ell’ha in tutte le parti. Finito questo lavoro e tornato a Fiorenza, gli fu dai Dei, cittadini fiorentini, allogata una ta
i parentela ch’aveva con Raffaello e per essere di un paese medesimo, gli scrisse che aveva operato col Papa, il quale avev
altri cantando o favoleggiando insieme, a quattro, a sei, secondo che gli è parso di scompartigli. Sonvi ritratti di natura
, che cieco, con la testa elevata cantando versi, ha a’ piedi uno che gli scrive; vi sono poi tutte in un gruppo le nove Mu
a parete un cielo con Cristo e la Nostra Donna, San Giovanni Batista, gli Apostoli e gli Evangelisti, e’ Martiri su le nugo
lo con Cristo e la Nostra Donna, San Giovanni Batista, gli Apostoli e gli Evangelisti, e’ Martiri su le nugole, con Dio Pad
atti di naturale; e in aria sono quattro fanciulli che tengono aperti gli Evangeli. Delle quali figure non potrebbe pittor
ure sacre tutte le cose degli Evangeli, che sostengono que’ putti che gli hanno in mano volando per l’aria. Fece nell’altra
pettive, i quali appresso al Papa grandissima grazia, premio et onore gli acquistarono. E certo che in tal magisterio mai n
ichele Agnolo l’opera di Raffaello, pensò che Bramante, com’era vero, gli avesse fatto quel male innanzi per fare utile e n
dicono la verità. Similmente il San Girolamo ha la testa elevata con gli occhi alla Nostra Donna, tutta contemplativa, ne’
on vi fosse, quella non sarebbe stata punto bene. Laonde veramente si gli può dar vanto che nelle invenzioni dei componimen
cosa e tanta la discrezione nel casamento della prigione, che invero gli altri appresso a lui hanno più di confusione ch’e
de la porta di ferro, et una sentinella con una torcia in mano desta gli altri, e mentre con quella fa lor lume, riverbera
iamente sì difficile imaginazione. Qui si scorgono nell’arme l’ombre, gli sbattimenti, i riflessi e le fumosità del calor d
ntiti -, si veggono tutti traboccare e versare per terra, cadendo chi gli portava per un sùbito orrore e spavento che era n
santissimo Onia pontefice, pontificalmente vestito, con le mani e con gli occhi al cielo ferventissimamente orare, afflitto
del detto cartone che fece Raffaello per questa istoria d’Eliodoro, e gli tiene in quella stima che veramente meritano. Né
e Mario che abrucia, mostrando che nel fine della partita de’ soldati gli aloggiamenti rimangono sempre in preda alle fiamm
inea, sopra cui è a cavallo in pontificale, ritratto non men vivo che gli altri, Leon X e molti cortigiani: cosa leggiadris
lo, delle nostre arti amator grandissimo, et oggi dee essere appresso gli eredi suoi. Dopo, essendo stato creato Lorenzo Pu
Cristo a uso di Giove in cielo, e dattorno i quattro Evangelisti come gli descrive Ezechiel: uno a guisa di uomo e l’altro
quel Papa che suona e lustra, le pelli della fodera morbide e vive, e gli ori e le sete contrafatti sì che non colori, ma o
el[l]issime stampe, divenne tributario delle sue opere a Raffaello, e gli mandò la testa d’un suo ritratto condotta da lui
i chiari: la quale cosa parve maravigliosa a Raffaello; per che egli gli mandò molte carte disegnate di man sua, le quali
n questa pratica infinitamente; il quale riuscì tanto eccellente, che gli fece stampare le prime cose sue: la carta degli I
larmente a Raffaello; né meno di lui stima l’opere dell’arte nostra e gli artefici il fratello suo Simon Botti, che oltra l
llo et a piede, i quali sboccano fuora della porta di Gerusalemme con gli stendardi della giustizia in mano, in attitudini
a nave che la portava, di maniera che tutta si aperse, e si perderono gli uomini e le mercanzie, eccetto questa tavola sola
quali del continuo teneva delle genti che con i disegni suoi medesimi gli tiravano innanzi l’opera: et egli continuamente r
fibbiata, scinta e rabbuffato il capo, con parte delle veste in mano, gli batte perché e’ fugghino dalla rovina e da quello
rancesco I di Francia, cantando la messa in pontificale e benedicendo gli olii per ugnerlo et insieme la corona reale; dove
ello non la volse guastar per la memoria sua e per l’affezzione ch’e’ gli portava, sendo stato principio del grado che egli
rtesia di Raffaello, che coloro che muravano, perché egli accomodasse gli amici suoi, non tirarono la muraglia tutta soda e
o molti putti che scortano, bellissimi, i quali volando portano tutti gli strumenti degli Dei: di Giove il fulmine e le sae
ti gli strumenti degli Dei: di Giove il fulmine e le saette, di Marte gli elmi, le spade e le targhe, di Vulcano i martelli
llezza sua grandissimo amore, e trovandosi da una infirmità percosso, gli fu domandato in dono da messer Iacopo da Carpi me
storia figurò Cristo trasfigurato nel monte Tabor, e appiè di quello gli undici Discepoli che lo aspettano, dove si vede c
ntre che con attitudine scontorta si prostende gridando e stralunando gli occhi, mostra il suo patire dentro nella carne, n
ta figura sostiene un vecchio, che abbracciatola e preso animo, fatto gli occhi tondi con la luce in mezzo, mostra con lo a
ncrespar la fronte in un tempo medesimo e forza e paura: pure mirando gli Apostoli fiso, pare che sperando in loro faccia a
lle braccia verso lo spiritato, mostra la miseria di colui; oltra che gli Apostoli, chi ritto e chi a sedere e altri ginocc
nella dolcezza et in una certa facilità naturale, egli nondimeno non gli fu punto superiore in un certo fondamento terribi
zza d’arte, nel che pochi sono stati pari a Lionardo: ma Raffaello se gli è avvicinato bene più che nessuno altro pittore,
e massimamente nella grazia de’ colori. Ma tornando a esso Raffaello, gli fu col tempo di grandissimo disaiuto e fatica que
dato opera agl’ignudi con quello studio che si ricerca, ma solamente gli aveva ritratti di naturale nella ma[II. 85]niera
et una maniera di colorito piacevole, ancorché talvolta usasse troppo gli scuri per dar maggior rilievo, prese da lui quell
sse troppo gli scuri per dar maggior rilievo, prese da lui quello che gli parve secondo il suo bisogno e capriccio, cioè un
pera che fece, come si è detto, nella Pace: al fare della quale opera gli fu di grande aiuto l’aver veduto nella capella de
bbe tolto parte di quel buon nome che acquistato si aveva; perciò che gli ignudi che fece nella camera di torre Borgia, dov
to inclinato, e non volere por mano, per gareggiare, a quello che non gli vien dato dalla natura, per non faticare invano e
o va compartendo le grazie, acciò stia contento ciascuno a quella che gli tocca. Ma avendo oggimai discorso sopra queste co
ro anni; il quale termine venuto, quando Raffaello non se l’aspettava gli fu dal cardinale ricordata la promessa; et egli v
i anni servito la corte et essendo creditore di Leone di buona somma, gli era stato dato indizio che alla fine della sala c
lui si faceva, in ricompensa delle fatiche e delle virtù sue il Papa gli avrebbe dato un capèllo rosso, avendo già deliber
confessando egli il disordine che aveva fatto, per poca prudenza loro gli cavarono sangue, di maniera che indebilito si sen
uando questo nobile artefice morì, morire anche ella, ché quando egli gli occhi chiuse, ella quasi cieca rimase. Ora a noi,
come amico di quella, non restò vivendo mostrarci come si negozia con gli uomini grandi, co’ mediocri e con gl’infimi. E ce
i ne scorgo una di tal valore che in me stesso stupisco, che il cielo gli diede forza di poter mostrare ne l’arte nostra un
contrario alle complessioni di noi pittori; questo è che naturalmente gli artefici nostri, non dico solo i bassi, ma quelli
i carità, che egli si vedeva che fino agli animali l’onoravano nonché gli uomini. Dicesi che ogni pittore che conosciuto l’
n lo avesse conosciuto, se lo avessi richiesto di qualche disegno che gli bisognasse, egli lasciava l’opera sua per sovveni
di casa non avesse seco cinquanta pittori, tutti valenti e buoni che gli facevono compagnia per onorarlo. Egli insomma non
e ti potevi chiamare, da che per l’orme di tanto uomo hanno pur visto gli allievi tuoi come si vive, e che importi l’avere
ogni sorte di liberalità, talché poté col favore e con le facultà che gli diedero fare a sé et a l’arte grandissimo onore.
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