l non meno eccellente che grazioso Raffael Sanzio da Urbino; il quale
fu
dalla natura dotato di tutta quella modestia e bo
chiarezza e splendore di quelle virtù che fanno gli uomini imortali,
fu
ben ragione che, per contrario, in Raffaello face
oli non con il latte delle balie ma delle proprie madri, nato che gli
fu
Raffaello, al quale così pose nome al battesimo c
plebei uomini men gentili o rozzi costumi e creanze. E cresciuto che
fu
cominciò a esercitarlo nella pittura, vedendolo a
no: onde non passarono molti anni che Raffaello, ancor fanciullo, gli
fu
di grande aiuto in molte opere che Giovanni fece
disegni e cartoni di quell’opera. E la cagione che egli non continuò
fu
che, essendo in Siena da alcuni pittori con grand
fra’ quali furono Ridolfo Girlandaio, Aristotile San Gallo et altri,
fu
nella città molto onorato, e particolarmente da T
no, i paesi e tutto il resto dell’opera è bellissimo. Il quale quadro
fu
da Lorenzo Nasi tenuto con grandissima vene[II. 6
ettere insieme in quel miglior modo che si potette. Dopo queste opere
fu
forzato Raffaello a partirsi di Firenze et andare
sta, essendo stata gran tempo appresso Francesco Maria duca d’Urbino,
fu
poi dalla illustrissima signora Leonora sua conso
o Quirini viniziani, e romiti del sacro eremo di Camaldoli; e da loro
fu
poi come reliquia e cosa rarissima, et insomma di
Mauro e San Placido; et in questa opera, la quale per cosa in fresco
fu
allora tenuta molto bella, scrisse il nome suo in
la, scrisse il nome suo in lettere grandi e molto bene apparenti. Gli
fu
anco fatto dipignere nella medesima città, dalle
le e dolci arie di teste e le più varie acconciature da capo - il che
fu
cosa rara in que’ tempi - che si possino vedere;
e da tutti i pittori molto lodata. Né tacerò che si conobbe, poi che
fu
stato a Firenze, che egli variò et abbellì tanto
insino a quel tempo. Ma in sulla maggior frequenza di questa pratica
fu
richiamato Raffaello a Perugia, dove primierament
’ha in tutte le parti. Finito questo lavoro e tornato a Fiorenza, gli
fu
dai Dei, cittadini fiorentini, allogata una tavol
tiva e di molte figure, finite con tanto delicata e dolce maniera che
fu
cagione che papa Giulio facesse buttare aùtterra
apa Giulio di naturale, Giovanni cardinale de’ Medici assistente, che
fu
papa Leone, Antonio cardinale di Monte, et Alessa
one, Antonio cardinale di Monte, et Alessandro Farnese cardinale, che
fu
poi papa Paulo Terzo, con altri ritratti. Restò i
emio et onore gli acquistarono. E certo che in tal magisterio mai non
fu
più nessuno più valente di disegno e d’opera che
uto far menzione, parendomi che così meritasse la sua virtù, la quale
fu
cagione, come si dirà in altro luogo, di molte op
la cappella quel romore e paura di che parleremo nella Vita sua, onde
fu
sforzato fuggirsi a Fiorenza; per il che avendo B
cciò che i modi di Michele Agnolo comprendere potesse. Onde tal vista
fu
cagione che in Santo Agostino, sopra la Santa Ann
in diverse e varie maniere, che aspetta il successo di questa cosa. E
fu
questa opera tanto stupenda in tutte le parti, ch
le era alimentatore di tal virtù et amatore d’ogni cosa buona. Laonde
fu
poi creato Leon Decimo, il quale volle che tale o
digiuni. In questo medesimo tempo fece a Napoli una tavola, la quale
fu
posta in San Domenico nella cappella dove è il Cr
di Meldola, il quale ancor vive di età più che novanta anni, il quale
fu
miracolosissimo di colorito e di bellezza singula
o nessuno di questo meglio non faccia né abbia a fare. La quale opera
fu
cagione che il Papa di premio grande lo rimunerò;
o agli eredi di Ottaviano de’ Medici in Fiorenza. Laonde di grandezza
fu
la gloria di Raffaello accresciuta, e de premii p
ll’arte. Ma per tornare alle stampe, il favorire Raffaello il Baviera
fu
cagione che si destasse poi Marco da Ravenna et a
l lume e l’ombra contrafare le carte di chiaro oscuro: la quale certo
fu
cosa di bella e capricciosa invenzione, e di ques
Questa tavola finita del tutto, ma non condotta ancora al suo luogo,
fu
vicinissima a capitar male, perciò che, secondo c
rcanzie, eccetto questa tavola solamente, che così incassata come era
fu
portata dal mare in quel di Genova: dove ripescat
portata dal mare in quel di Genova: dove ripescata e tirata in terra,
fu
veduta essere cosa divina, e per questo messa in
cciarono i monaci di riaverla, et appena che con favori del Papa ella
fu
renduta loro, che satisfecero, e bene, coloro che
rte v’è figurato, nel medesimo modo che Vergilio descrive che Anchise
fu
portato da Enea, un vecchio ammalato, fuor di sé
cioè Bernardo Divizio da Bibbiena, e Giulio de’ Medici cardinale, che
fu
poi papa Clemente. Né si può contare minutissimam
e vicino al re è un putto ginocchioni che tiene la corona reale, che
fu
ritratto Ipolyto de’ Medici, che fu poi cardinale
ni che tiene la corona reale, che fu ritratto Ipolyto de’ Medici, che
fu
poi cardinale e vicecancelliere, tanto pregiato e
e belle invenzioni, né farsi né imaginarsi di fare più bell’opera. E
fu
cagione la bellezza di questo lavoro che Raffaell
icularmente al palazzo di messer Giovan Batista dall’Aquila, il quale
fu
cosa bellissima. Ne disegnò ancora uno al vescovo
o cader Lucifero, e quello con una zagaglia gettato rovescio; insomma
fu
sì fatta questa opera, che meritò averne da quel
ionata alle donne, e di continuo presto ai servigi loro; la qual cosa
fu
cagione che, continuando i diletti carnali, egli
oro; la qual cosa fu cagione che, continuando i diletti carnali, egli
fu
dagl’amici, forse più che non conveniva, rispetta
in casa continuamente in quella parte dove Raffaello lavorava: il che
fu
cagione che il lavoro venisse a fine. Fece in que
e’ Corbi in Roma. Ma la morte di Raffaello, e poi quella di Agostino,
fu
cagione che tal cosa si desse a Sebastian Vinizia
n Fiandra a tessersi, e finiti i panni vennero a Roma. La quale opera
fu
tanto miracolosamente condotta, che reca maravigl
za sua grandissimo amore, e trovandosi da una infirmità percosso, gli
fu
domandato in dono da messer Iacopo da Carpi medic
la dolcezza et in una certa facilità naturale, egli nondimeno non gli
fu
punto superiore in un certo fondamento terribile
ssimamente nella grazia de’ colori. Ma tornando a esso Raffaello, gli
fu
col tempo di grandissimo disaiuto e fatica quella
ta, secca e di poco dissegno; perciò che non potendosela dimenticare,
fu
cagione che con molta difficultà imparò la bellez
le cose migliori d’altri maestri, fece di molte maniere una sola, che
fu
poi sempre tenuta sua propria, la quale fu e sarà
olte maniere una sola, che fu poi sempre tenuta sua propria, la quale
fu
e sarà sempre stimata dagl’artefici infinitamente
che fece, come si è detto, nella Pace: al fare della quale opera gli
fu
di grande aiuto l’aver veduto nella capella del P
n Chigi in Trastevere, perché mancano di quella grazia e dolcezza che
fu
propria di Raffaello: del che fu anche in gran pa
cano di quella grazia e dolcezza che fu propria di Raffaello: del che
fu
anche in gran parte cagione l’avergli fatto color
nni; il quale termine venuto, quando Raffaello non se l’aspettava gli
fu
dal cardinale ricordata la promessa; et egli vede
così accettò per donna una nipote di esso cardinale. E perché sempre
fu
malissimo contento di questo laccio, andò in modo
nò più del solito: per che tornato a casa con una grandissima febbre,
fu
creduto da’ medici che fosse riscaldato; onde non
to, finì il corso della sua vita il giorno medesimo ch’e’ nacque, che
fu
il Venerdì Santo, d’anni XXXVII; l’anima del qual
gnuno che quivi guardava; la quale tavola per la perdita di Raffaello
fu
messa dal cardinale a San Pietro a Montorio allo
fu messa dal cardinale a San Pietro a Montorio allo altar maggiore, e
fu
poi sempre per la rarità d’ogni suo gesto in gran
onorata sepoltura che tanto nobile spirito aveva meritato, perché non
fu
nessuno artefice che dolendosi non piagnesse, et
i vile e basso pensiero cadeva loro di mente: la quale unione mai non
fu
più in altro tempo che nel suo. E questo avveniva