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1 (1568) Vita di Raffaello
mente dimostrano ancora in San Francesco di Perugia alcune figure che egli vi lavorò in una tavola a olio per madonna Madale
ttiva con tanto amore, che è cosa mirabile a vedere le difficultà che egli in tale esercizio andava cercando. In questo ment
che egli in tale esercizio andava cercando. In questo mentre, avendo egli acquistato fama grandissima nel séguito di quella
li fece alcuni dei disegni e cartoni di quell’opera. E la cagione che egli non continuò fu che, essendo in Siena da alcuni p
lto lodata. Né tacerò che si conobbe, poi che fu stato a Firenze, che egli variò et abbellì tanto la maniera mediante l’aver
Prima che partisse,di Perugia, lo pregò madonna Atlanta Baglioni che egli volesse farle per la sua cappella nella chiesa di
r la sua cappella nella chiesa di San Francesco una tavola; ma perché egli non poté servirla allora, le promise che tornato
tavola che andava alla cappella dell’altar loro in Santo Spirito; et egli la cominciò, e la bozza a bonissimo termine condu
ra sopra le tavole, la quale dicono essere Bramante architettore, che egli non è men desso che se e’ fusse vivo, tanto è ben
quelli che scrivono. E così fece dietro ad un San Matteo, mentre che egli cava di quelle tavole dove sono le figure i carat
n Matteo distende, e mentre che sta attento in quel disagio, pare che egli torca le mascella e la testa secondo che egli all
quel disagio, pare che egli torca le mascella e la testa secondo che egli allarga et allunga la penna. E oltra le minuzie d
i tutta la storia, che certo è spartito tanto con ordine e misura che egli mostrò veramente un sì fatto saggio di sé, che fe
gli mostrò veramente un sì fatto saggio di sé, che fece conoscere che egli voleva, fra coloro che toccavano i pennelli, tene
sotto, vòlte da quella banda dove era la storia. A quella prima, dove egli aveva dipinto la filosofia e l’astrologia, geomet
rata, con i medesimi putti che a l’altre, di somma bellezza, per aver egli nella storia di sotto della faccia fatto come si
la storia dove si dànno i Decretali, è il giudizio di Salamone quando egli vuol fare dividere il fanciullo. Le quali quattro
ontemplando il Figliuolo, pare che non possa dinegar grazia: senzaché egli riservò un decoro certo bellissimo, mo[II. 72]str
ò per commissione del Papa la camera seconda verso la sala grande; et egli , che nome grandissimo aveva acquistato, ritrasse
vivo e verace che faceva temere il ritratto a vederlo come se proprio egli fosse il vivo; la quale opera è oggi in Santa Mar
to in Ro[II. 73]ma Rafaello in questi tempi molta fama; et ancora che egli avesse la maniera gentile, da ognuno tenuta belli
esse la maniera gentile, da ognuno tenuta bellissima, e con tutto che egli avesse veduto tante anticaglie in quella città e
n tutto che egli avesse veduto tante anticaglie in quella città e che egli studiasse continovamente, non aveva però per ques
a, ne’ quali par che ci accenni tutta quella dottrina e sapienzia che egli scrivendo mostrò nelle sue carte, offerendo con a
mentre che dice messa, nella testa infocata di rosso la vergogna che egli aveva nel veder per la sua incredulità fatto liqu
esso a lui hanno più di confusione ch’egli non ha di bellezza, avendo egli cercato di continuo figurare le storie come elle
verissimi e non dipinti. Né meno arte et ingegno è nello atto quando egli , sciolto da le catene, esce fuor di prigione acco
de’ lumi, lavorati con ombra sì abbacinata che invero si può dire che egli fosse il maestro degli altri; e per cosa che cont
difender la Chiesa: e se bene la storia di Leon III non dice questo, egli nondimeno per capriccio suo volse figurarla forse
ale fu miracolosissimo di colorito e di bellezza singulare, attesoché egli è condotto di forza e d’una vaghezza tanto leggia
dinale di Santi Quattro, sommo penitenziere, ebbe grazia con esso che egli facesse per San Giovanni in Monte di Bologna una
he è tenuto stupendissimo; e similmente un quadro di Nostra Donna che egli mandò a Fiorenza: il qual quadro è oggi nel palaz
nta ch’è bellissima anch’ella; così per campo vi è un casamento, dove egli ha finto una finestra impannata che fa lume alla
mpato i chiari: la quale cosa parve maravigliosa a Raffaello; per che egli gli mandò molte carte disegnate di man sua, le qu
Raffaello lo andare nelle stampe d’Alberto Durero, volonteroso ancor egli di mostrare quel che in tale arte poteva, fece st
massimamente dei pittori, tenuta da lui come reliquia per l’amore che egli porta all’arte e particularmente a Raffaello; né
si possa per lunga esperienza aver caro, oltra al giudicio buono che egli ha e mostra nelle cose dell’arte. Ma per tornare
disdire, non restava però con tutto questo di seguitare l’ordine che egli aveva cominciato de le camere del Papa e de le sa
enti che con i disegni suoi medesimi gli tiravano innanzi l’opera: et egli continuamente rivedendo ogni cosa, suppliva con t
nte rivedendo ogni cosa, suppliva con tutti quelli aiuti migliori che egli più poteva ad un peso così fatto. Non passò dunqu
che egli più poteva ad un peso così fatto. Non passò dunque molto che egli scoperse la camera di torre Borgia, nella quale a
l quale i’ mi conosco molto obbligato, poiché il principio mio, quale egli si fusse, ebbe origine da lui. Non si può scriver
r l’affezzione ch’e’ gli portava, sendo stato principio del grado che egli teneva in tal virtù. Era tanta la grandezza di qu
ello che di buono per questa arte potesse giovare. Per che seguitando egli ancora, fece una sala, dove di terretta erano alc
ri animali più stranieri. Et oltre che di grottesche e vari pavimenti egli tal palazzo abbellì assai, diede ancora disegno a
h’era tanta la cortesia di Raffaello, che coloro che muravano, perché egli accomodasse gli amici suoi, non tirarono la murag
igi loro; la qual cosa fu cagione che, continuando i diletti carnali, egli fu dagl’amici, forse più che non conveniva, rispe
ziano. Era Raffaello in tanta grandezza venuto, che Leon X ordinò che egli cominciasse la sala grande di sopra, dove sono le
sala grande di sopra, dove sono le vittorie di Gostantino, alla quale egli diede principio. Similmente venne volontà al Papa
in dono da messer Iacopo da Carpi medico, che lo guarì; e per averne egli voglia, a se medesimo lo tolse, parendogli aver s
vola della Trasfigurazione di Cristo per mandare in Francia, la quale egli di sua mano continuamente lavorando ridusse ad ul
mostrano avere grandissima compassione di tanta disgrazia. E nel vero egli vi fece figure e teste, oltra la bellezza straord
to trasfigurato alla divinità, lo guardi in questa opera, nella quale egli lo fece sopra a questo monte, diminuito in una ar
to in migliore età, esser troppo lontano dal vero: perciò che vedendo egli l’opere di Lionardo da Vinci, il quale nell’arie
difficultà non poté mai passare Lionardo; e se bene pare a molti che egli lo passasse nella dolcezza et in una certa facili
he egli lo passasse nella dolcezza et in una certa facilità naturale, egli nondimeno non gli fu punto superiore in un certo
gli fu col tempo di grandissimo disaiuto e fatica quella maniera che egli prese di Pietro quando era giovanetto, la quale p
si risolvé, non potendo aggiugnere Michelagnolo in quella parte dove egli aveva messo mano, di volerlo in queste altre pare
fermato, né avesse cercato di aggrandirla e variarla per mostrare che egli intendeva gl’ignudi così bene come Michelagnolo,
i è mescolato, credo che quell’opera sarebbe ancor fresca come quando egli la fece, dove oggi pare più tosto tinta che altri
on era, per ritornare alla vita e morte di Raffaello, dico che avendo egli stretta amicizia con Bernardo Divizio cardinale d
llo non se l’aspettava gli fu dal cardinale ricordata la promessa; et egli vedendosi obligato, come cortese non volle mancar
che molti mesi passarono che ‘l matrimonio non consumò. E ciò faceva egli non senza onorato proposito, perché avendo tanti
bre, fu creduto da’ medici che fosse riscaldato; onde non confessando egli il disordine che aveva fatto, per poca prudenza l
avarono sangue, di maniera che indebilito si sentiva mancare, là dove egli aveva bisogno di ristoro. Per che fece testamento
ra sommamente la morte sua a tutta la corte del Papa, prima per avere egli avuto in vita uno officio di cubiculario, et appr
ra, quando questo nobile artefice morì, morire anche ella, ché quando egli gli occhi chiuse, ella quasi cieca rimase. Ora a
natura: la quale era sì piena di gentilezza e sì colma di carità, che egli si vedeva che fino agli animali l’onoravano nonch
sciuto, se lo avessi richiesto di qualche disegno che gli bisognasse, egli lasciava l’opera sua per sovvenirlo; e sempre ten
i Giulio II e la generosità di Leone X, nel sommo grado e degnità che egli erono, a farselo familiarissimo et usarli ogni so
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