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1 (1568) Vita di Raffaello
suoi tesori e tutte quelle grazie e più rari doni che in lungo spazio di tempo suol compartire fra molti individui, chiara
he grazioso Raffael Sanzio da Urbino; il quale fu dalla natura dotato di tutta quella modestia e bontà che suole alcuna vo
volta vedersi in coloro che più degl’altri hanno a una certa umanità di natura gentile aggiunto un ornamento bellissimo d
ffabilità, che sempre suol mostrarsi dolce e piacevole con ogni sorte di persone et in qualunque maniera di cose. Di costu
i dolce e piacevole con ogni sorte di persone et in qualunque maniera di cose. Di costui fece dono al mondo la natura quan
costui fece dono al mondo la natura quando, vinta dall’arte per mano di Michelagnolo Buonarroti volle in Raf[II. 65]faell
efici stati insino allora si avevano dalla natura recato un certo che di pazzia e di salvatichezza che, oltre all’avergli
insino allora si avevano dalla natura recato un certo che di pazzia e di salvatichezza che, oltre all’avergli fatti astrat
ato in loro l’ombra e lo scuro de’ vizii che la chiarezza e splendore di quelle virtù che fanno gli uomini imortali, fu be
issima. Laonde si può dire sicuramente che coloro che sono possessori di tante rare doti quante si videro in Raffaello da
o, città notissima in Italia, l’anno 1483, in Venerdì Santo a ore tre di notte, d’un Giovanni de’ Santi, pittore non molto
’un Giovanni de’ Santi, pittore non molto eccellente, ma sì bene uomo di buono ingegno et atto a indirizzare i figliuoli p
a esercitarlo nella pittura, vedendolo a cotal arte molto inclinato, di bellissimo ingegno: onde non passarono molti anni
onde non passarono molti anni che Raffaello, ancor fanciullo, gli fu di grande aiuto in molte opere che Giovanni fece nel
, conoscendo questo buono et amorevole padre che poco poteva appresso di sé acquistare il figliuolo, si dispose di porlo c
re che poco poteva appresso di sé acquistare il figliuolo, si dispose di porlo con Pietro Perugino, il quale, secondo che
a, lo menò a Perugia, là dove Pietro, veduto la maniera del disegnare di Raffaello e le belle maniere e ‘ costumi, ne fe’
gl’effetti. È cosa notabilissima che, studiando Raffaello la maniera di Pietro, la imitò così a punto e in tutte le cose,
ti non si conoscevano dagl’originali del maestro, e fra le cose sue e di Pietro non si sapeva certo discernere, come apert
certo discernere, come apertamente dimostrano ancora in San Francesco di Perugia alcune figure che egli vi lavorò in una t
Nostra Donna assunta in cielo e Gesù Cristo che la [II. 66] corona, e di sotto, intorno al sepolcro, sono i dodici Apostol
contemplano la gloria celeste; e a piè della tavola, in una predella di figure piccole spartite in tre storie, è la Nostr
on avesse in pratica la maniera, crederebbe fermamente che ella fusse di mano di Pietro, là dove ell’è senza dubbio di man
e in pratica la maniera, crederebbe fermamente che ella fusse di mano di Pietro, là dove ell’è senza dubbio di mano di Raf
rmamente che ella fusse di mano di Pietro, là dove ell’è senza dubbio di mano di Raffaello. Dopo questa opera, tornando Pi
che ella fusse di mano di Pietro, là dove ell’è senza dubbio di mano di Raffaello. Dopo questa opera, tornando Pietro per
rnando Pietro per alcuni suoi bisogni a Firenze, Raffaello, partitosi di Perugia, se n’andò con alcuni amici suoi a Città
faello, partitosi di Perugia, se n’andò con alcuni amici suoi a Città di Castello, dove fece una tavola in Santo Agostino
mici suoi a Città di Castello, dove fece una tavola in Santo Agostino di quella maniera, e similmente in S. Domenico una d
ale, se non vi fusse il suo nome scritto, nessuno la crederebbe opera di Raffaello, ma sì bene di Pietro. In San Francesco
uo nome scritto, nessuno la crederebbe opera di Raffaello, ma sì bene di Pietro. In San Francesco ancora della medesima ci
cesco ancora della medesima città fece in una tavoletta lo Sposalizio di Nostra Donna, nel quale espressamente si conosce
tra Donna, nel quale espressamente si conosce l’augumento della virtù di Raffaello venire con finezza assotigliando e pass
ù di Raffaello venire con finezza assotigliando e passando la maniera di Pietro. In questa opera è tirato un tempio in pro
In questo mentre, avendo egli acquistato fama grandissima nel séguito di quella maniera, era stato allogato da Pio Secondo
ra, era stato allogato da Pio Secondo pontefice la libreria del Duomo di Siena al Pinturicchio, il quale, essendo amico di
libreria del Duomo di Siena al Pinturicchio, il quale, essendo amico di Raffaello e conoscendolo ottimo disegnatore, lo c
ondusse a Siena, dove Raffaello gli fece alcuni dei disegni e cartoni di quell’opera. E la cagione che egli non continuò f
ardo da Vinci aveva fatto nella sala del Papa in Fiorenza d’un gruppo di cavalli bellissimo, per farlo nella sala del Pala
nella sala del Palazzo, e similmente alcuni nudi fatti a concorrenza di Lionardo da Michelangelo Buonarroti molto miglior
meno la città che quell’opere, le quali gli parvero divine, deliberò di abitare in essa per alcun tempo; e così fatta ami
virtù; e Raffaello, che era la gentilezza stessa, per non esser vinto di cortesia, gli fece due quadri, che tengono della
nto di cortesia, gli fece due quadri, che tengono della maniera prima di Pietro e dell’altra che poi studiando apprese mol
nto ben coloriti e con tanta diligenza condotti, che più tosto paiono di carne viva che lavorati di colori e disegno; pari
a diligenza condotti, che più tosto paiono di carne viva che lavorati di colori e disegno; parimente la Nostra Donna ha un
olori e disegno; parimente la Nostra Donna ha un’aria veramente piena di grazia e di divinità, et insomma il piano, i paes
gno; parimente la Nostra Donna ha un’aria veramente piena di grazia e di divinità, et insomma il piano, i paesi e tutto il
on grandissima vene[II. 67]razione mentre che visse, così per memoria di Raffaello, statogli amicissimo, come per la digni
itò poi male quest’opara l’anno 1548 a dì 17 novembre, quando la casa di Lorenzo, insieme con quelle ornatissime e belle d
la casa di Lorenzo, insieme con quelle ornatissime e belle degl’eredi di Marco del Nero, per uno smottamento del monte di
e e belle degl’eredi di Marco del Nero, per uno smottamento del monte di San Giorgio rovinarono insieme con altre case vic
zi d’essa fra i calcinacci della rovina, furono da Batista, figliuolo di esso Lorenzo, amorevolissimo dell’arte, fatti rim
odo che si potette. Dopo queste opere fu forzato Raffaello a partirsi di Firenze et andare a Urbino, per aver là, essendo
Guidobaldo da Montefeltro, allora capitano de’ Fiorentini, due quadri di Nostra Donna, piccoli ma bellissimi e della secon
o Iustiniano e don Pietro Quirini viniziani, e romiti del sacro eremo di Camaldoli; e da loro fu poi come reliquia e cosa
amaldoli; e da loro fu poi come reliquia e cosa rarissima, et insomma di mano di Raffaello da Urbino, e per memoria di que
; e da loro fu poi come reliquia e cosa rarissima, et insomma di mano di Raffaello da Urbino, e per memoria di quella illu
a rarissima, et insomma di mano di Raffaello da Urbino, e per memoria di quella illustrissima signora, posta nella camera
oria di quella illustrissima signora, posta nella camera del Maggiore di detto eremo, dove è tenuta in quella venerazione
et in San Severo della medesima città, piccol monasterio dell’Ordine di Camaldoli, alla cappella della Nostra Donna fece
arenti. Gli fu anco fatto dipignere nella medesima città, dalle Donne di Santo Antonio da Padoa, in una tavola la Nostra D
a quelle semplici e venerande donne, Gesù Cristo vestito, e dai lati di essa Madonna San Piero, San Paulo, Santa Cecilia
Caterina, alle qual’ due sante vergini fece le più belle e dolci arie di teste e le più varie acconciature da capo - il ch
inse un Dio Padre bellissimo, e nella predella dell’altare tre storie di figure piccole: Cristo quando fa orazione nell’or
azione nell’orto, quando porta la croce, dove sono bellissime movenze di soldati che lo stracinano, e quando è morto in gr
variò et abbellì tanto la maniera mediante l’aver vedute molte cose e di mano di maestri eccellenti, che ella non aveva ch
abbellì tanto la maniera mediante l’aver vedute molte cose e di mano di maestri eccellenti, che ella non aveva che fare a
non aveva che fare alcuna cosa con quella prima, se non come fussino di mano di diversi e [II. 68] più e meno eccellenti
va che fare alcuna cosa con quella prima, se non come fussino di mano di diversi e [II. 68] più e meno eccellenti nella pi
si e [II. 68] più e meno eccellenti nella pittura. Prima che partisse, di Perugia, lo pregò madonna Atlanta Baglioni che eg
anta Baglioni che egli volesse farle per la sua cappella nella chiesa di San Francesco una tavola; ma perché egli non poté
to spendeva volentieri - ma con più risparmio che poteva - nelle cose di pittura e di scultura, delle quali si dilettava m
olentieri - ma con più risparmio che poteva - nelle cose di pittura e di scultura, delle quali si dilettava molto, gli fec
i scultura, delle quali si dilettava molto, gli fece fare il ritratto di sé e della sua donna in quella maniera che si veg
verso quella vecchia, quasi maravigliandosi e lodandone la grandezza di Dio che così attempata avesse un sì picciol figli
ugini, l’uno reverente all’altro, si fanno festa: senzaché ogni colpo di colore nelle teste, nelle mani e ne’ piedi sono a
po di colore nelle teste, nelle mani e ne’ piedi sono anzi pennellate di carne che tinta di maestro che faccia quell’arte.
teste, nelle mani e ne’ piedi sono anzi pennellate di carne che tinta di maestro che faccia quell’arte. Questa nobilissima
omenico Canigiani, che la tengono in quella stima che merita un’opera di Raffaello da Urbino. Studiò questo eccellentissim
affaello da Urbino. Studiò questo eccellentissimo pittore nella città di Firenze le cose vecchie di Masaccio, e quelle che
questo eccellentissimo pittore nella città di Firenze le cose vecchie di Masaccio, e quelle che vide nei lavori di Lionard
di Firenze le cose vecchie di Masaccio, e quelle che vide nei lavori di Lionardo e di Michelagnolo lo feciono attendere m
cose vecchie di Masaccio, e quelle che vide nei lavori di Lionardo e di Michelagnolo lo feciono attendere maggiormente ag
ette Raffaello in Fiorenza, stretta dimestichezza con fra’ Bartolomeo di San Marco, piacendogli molto e cercando assai d’i
va il frate atteso insino a quel tempo. Ma in sulla maggior frequenza di questa pratica fu richiamato Raffaello a Perugia,
a vederlo pare fatto pur ora. Immaginossi Raffaello nel componimento di questa opera il dolore che hanno i più stretti et
ra persona, nella quale veramente consista il bene, l’onore e l’utile di tutta una famiglia; vi si vede la Nostra Donna ve
utta una famiglia; vi si vede la Nostra Donna venuta meno, e le teste di tutte le figure molto graziose nel pianto, e quel
i tutte le figure molto graziose nel pianto, e quella particolarmente di San Giovanni, il quale, incrocicchiate le mani, c
sta con una maniera da far comuovere qual è più duro animo a pietà; e di vero, chi considera la diligenza, l’amore, l’arte
à; e di vero, chi considera la diligenza, l’amore, l’arte e la grazia di quest’opera, ha gran ragione di maravigliarsi, pe
iligenza, l’amore, l’arte e la grazia di quest’opera, ha gran ragione di maravigliarsi, perché ella fa stupire chiunque la
intanto fece un quadro che si mandò in Siena, il quale nella partita di Raffaello rimase a Ridolfo del Ghirlandaio, perch
ncava. E questo avvenne perché Bramante da Urbino, essendo a’ servigi di Giulio II, per un poco di parentela ch’aveva con
rché Bramante da Urbino, essendo a’ servigi di Giulio II, per un poco di parentela ch’aveva con Raffaello e per essere di
ulio II, per un poco di parentela ch’aveva con Raffaello e per essere di un paese medesimo, gli scrisse che aveva operato
l valor suo. Piacque il partito a Raffaello; per che lasciate l’opere di Fiorenza e la tavola dei Dei non finita, ma in qu
sser Baldassarre da Pescia nella Pieve della sua patria dopo la morte di Raffaello, si trasferì a Roma. Dove giunto Raffae
ferì a Roma. Dove giunto Raffaello, trovò che gran parte delle camere di palazzo erano state dipinte e tuttavia si dipigne
condotta a buon termine una facciata, e don Pietro della Gatta abbate di San Clemente di Arezzo vi aveva cominciato alcune
termine una facciata, e don Pietro della Gatta abbate di San Clemente di Arezzo vi aveva cominciato alcune cose; similment
aveva dipinto molte figure, le quali la maggior parte erano ritratti di naturale, che erano tenuti bellissimi. Laonde Raf
he hanno fatto figure sopra certe tavolette e caratteri in varii modi di geomanzia e d’astrologia, et ai Vangelisti le man
l’altro con l’Etica, dove intorno li fanno cerchio una grande scuola di filosofi. Né si può esprimere la bellezza di quel
erchio una grande scuola di filosofi. Né si può esprimere la bellezza di quelli astrologi e geometri che disegnano con le
tissime figure e caratteri. Fra i medesimi, nella figura d’un giovane di formosa bellezza, il quale apre le braccia per ma
quale apre le braccia per maraviglia e china la testa, è il ritratto di Federigo II duca di Mantova, che si trovava allor
ia per maraviglia e china la testa, è il ritratto di Federigo II duca di Mantova, che si trovava allora in Roma. Èvvi simi
in Roma. Èvvi similmente una figura che, chinata a terra, con un paio di seste in mano le gira sopra le tavole, la quale d
che volta il didietro et ha una palla del cielo in mano è il ritratto di Zoroastro, et allato a esso è Raffaello maestro d
mano è il ritratto di Zoroastro, et allato a esso è Raffaello maestro di questa opera, ritrattosi da sé medesimo nello spe
e scrivono. E così fece dietro ad un San Matteo, mentre che egli cava di quelle tavole dove sono le figure i caratteri ten
inuzie delle considerazioni, che son pure assai, vi è il componimento di tutta la storia, che certo è spartito tanto con o
anto con ordine e misura che egli mostrò veramente un sì fatto saggio di sé, che fece conoscere che egli voleva, fra color
pennelli, tenere il campo senza contrasto. Adornò ancora questa opera di una prospettiva e di molte figure, finite con tan
ampo senza contrasto. Adornò ancora questa opera di una prospettiva e di molte figure, finite con tanto delicata e dolce m
ltri maestri e vecchi e moderni, e che Raffaello solo avesse il vanto di tutte le fatiche che in tali opere fussero state
in tali opere fussero state fatte sino a quell’ora. E se bene l’opera di Giovan Antonio Soddoma da Vercelli, la quale era
a di Giovan Antonio Soddoma da Vercelli, la quale era sopra la storia di Raffaello, si doveva per commessione del Papa get
gettare per terra, volle nondimeno Raffaello servirsi del partimento di quella e delle grottesche; e dove erano alcuni to
on quattro, fece per ciascuno una figura del significato delle storie di sotto, vòlte da quella banda dove era la storia.
con che dagli antichi era figurata Diana Polimaste; e la veste sua è di quattro colori, figurati per li elementi: da la t
nestra che guarda in Belvedere, è finta Poesia, la quale è in persona di Polinnia coronata di lauro, e tiene un suono anti
Belvedere, è finta Poesia, la quale è in persona di Polinnia coronata di lauro, e tiene un suono antico in una mano et un
et un libro nell’altra; e sopraposte le gambe, e con aria e bellezza di viso immortale, sta elevata con gl’occhi al cielo
: e da questa banda vi fe’ poi, sopra la già detta finestra, il monte di Parnaso. Nell’altro tondo, che è fatto sopra la s
ue bilance e la spada inalberata, con i medesimi putti che a l’altre, di somma bellezza, per aver egli nella storia di sot
mi putti che a l’altre, di somma bellezza, per aver egli nella storia di sotto della faccia fatto come si dà le leggi civi
o diremo. E così nella volta medesima, in su le cantonate de’ peducci di quella, fece quattro storie disegnate e colorite
, fece quattro storie disegnate e colorite con una gran diligenza, ma di figure di non molta grandezza: in una delle quali
ttro storie disegnate e colorite con una gran diligenza, ma di figure di non molta grandezza: in una delle quali, verso la
molta grandezza: in una delle quali, verso la Telogia, fece il peccar di Adamo, lavorato con leggiadrissima maniera il man
le stelle fisse e l’erranti a’ luoghi loro; nell’altra poi del monte di Parnaso è Marsia fatto scorticare a uno albero da
monte di Parnaso è Marsia fatto scorticare a uno albero da Apollo; e di verso la storia dove si dànno i Decretali, è il g
Apollo; e di verso la storia dove si dànno i Decretali, è il giudizio di Salamone quando egli vuol fare dividere il fanciu
dere il fanciullo. Le quali quattro istorie sono [II. 71] tutte piene di senso e di affetto, e lavorate con disegno boniss
ciullo. Le quali quattro istorie sono [II. 71] tutte piene di senso e di affetto, e lavorate con disegno bonissimo e di co
tutte piene di senso e di affetto, e lavorate con disegno bonissimo e di colorito vago e graziato. Ma finita oramai la vol
di colorito vago e graziato. Ma finita oramai la volta, cioè il cielo di quella stanza, resta che noi raccontiamo quello c
ccontiamo quello che e’ fece faccia per faccia appiè delle cose dette di sopra. Nella facciata dunque di verso Belvedere,
cia per faccia appiè delle cose dette di sopra. Nella facciata dunque di verso Belvedere, dove è il monte Parnaso et il fo
cciata dunque di verso Belvedere, dove è il monte Parnaso et il fonte di Elicona, fece intorno a quel monte una selva ombr
il fonte di Elicona, fece intorno a quel monte una selva ombrosissima di lauri, ne’ quali si conosce per la loro verdezza
emolare delle foglie per l’aure dolcissime, e nella aria una infinità di Amori ignudi con bellissime arie di viso, che col
issime, e nella aria una infinità di Amori ignudi con bellissime arie di viso, che colgono rami di lauro e ne fanno ghirla
nfinità di Amori ignudi con bellissime arie di viso, che colgono rami di lauro e ne fanno ghirlande, e quelle spargano e g
o e gettano per il monte; nel quale pare che spiri veramente un fiato di divinità nella bellezza delle figure e da la nobi
ente un fiato di divinità nella bellezza delle figure e da la nobiltà di quella pittura, la quale fa maravigliare, chi int
simamente la considera, come possa ingegno umano, con l’imperfezzione di semplici colori, ridurre con l’eccellenzia del di
one di semplici colori, ridurre con l’eccellenzia del disegno le cose di pittura a parere vive, sì come sono anco vivissim
do o favoleggiando insieme, a quattro, a sei, secondo che gli è parso di scompartigli. Sonvi ritratti di naturale tutti i
attro, a sei, secondo che gli è parso di scompartigli. Sonvi ritratti di naturale tutti i più famosi et antichi e moderni
te da statue, parte da medaglie e molti da pitture vecchie, et ancora di naturale mentre che erano vivi da lui medesimo. E
tutti manda lo Spirito Santo e massimamente sopra un numero infinito di Santi che sotto scrivono la messa, e sopra l’osti
onarola da Ferrara, e tutti i teologi cristiani, et infiniti ritratti di naturale; e in aria sono quattro fanciulli che te
quali figure non potrebbe pittor alcuno formar cosa più leggiadra né di maggior perfezzione, avvengaché nell’aria e in ce
o son figurati que’ Santi a sedere, che nel vero, oltra al parer vivi di colori, scortano di maniera e sfuggono che non al
Santi a sedere, che nel vero, oltra al parer vivi di colori, scortano di maniera e sfuggono che non altrimenti farebbono s
rtano di maniera e sfuggono che non altrimenti farebbono s’e’ fussino di rilievo: oltra che sono vestiti diversamente con
di rilievo: oltra che sono vestiti diversamente con bellissime pieghe di panni, e l’arie delle teste più celesti che umane
i, e l’arie delle teste più celesti che umane, come si vede in quella di Cristo, la quale mostra quella clemenza e quella
clemenza e quella pietà che può mostrare agli uomini mortali divinità di cosa dipinta. Con ciò fusse che Raffaello ebbe qu
a dipinta. Con ciò fusse che Raffaello ebbe questo dono dalla natura, di far l’arie sue delle teste dolcissime e graziosis
re loro una certa curiosità et uno affanno nel voler trovare il certo di quel che stanno in dubbio, faccendone segno col d
che dà le decretali canoniche, et in detto Papa ritrasse papa Giulio di naturale, Giovanni cardinale de’ Medici assistent
cardinale de’ Medici assistente, che fu papa Leone, Antonio cardinale di Monte, et Alessandro Farnese cardinale, che fu po
inale, che fu poi papa Paulo Terzo, con altri ritratti. Restò il Papa di questa opera molto sodisfatto; e per fargli le sp
ò il Papa di questa opera molto sodisfatto; e per fargli le spalliere di prezzo come era la pittura, fece venire da Monte
spalliere di prezzo come era la pittura, fece venire da Monte Oliveto di Chiusuri, luogo in quel di Siena, fra’ Giovanni d
a la pittura, fece venire da Monte Oliveto di Chiusuri, luogo in quel di Siena, fra’ Giovanni da Verona, allora gran maest
luogo in quel di Siena, fra’ Giovanni da Verona, allora gran maestro di commessi di prospettive di legno, il quale vi fec
el di Siena, fra’ Giovanni da Verona, allora gran maestro di commessi di prospettive di legno, il quale vi fece non solo l
a’ Giovanni da Verona, allora gran maestro di commessi di prospettive di legno, il quale vi fece non solo le spalliere att
ono. E certo che in tal magisterio mai non fu più nessuno più valente di disegno e d’opera che fra’ Giovanni, come ne fa f
’ Giovanni, come ne fa fede ancora in Verona sua patria una sagrestia di prospettive di legno bellissima in Santa Maria in
e ne fa fede ancora in Verona sua patria una sagrestia di prospettive di legno bellissima in Santa Maria in Organo, il cor
di prospettive di legno bellissima in Santa Maria in Organo, il coro di Monte Oliveto di Chiusuri e quel di San Benedetto
i legno bellissima in Santa Maria in Organo, il coro di Monte Oliveto di Chiusuri e quel di San Benedetto di Siena, et anc
in Santa Maria in Organo, il coro di Monte Oliveto di Chiusuri e quel di San Benedetto di Siena, et ancora la sagrestia di
Organo, il coro di Monte Oliveto di Chiusuri e quel di San Benedetto di Siena, et ancora la sagrestia di Monte Oliveto di
di Chiusuri e quel di San Benedetto di Siena, et ancora la sagrestia di Monte Oliveto di Napoli, e nel luogo medesimo nel
el di San Benedetto di Siena, et ancora la sagrestia di Monte Oliveto di Napoli, e nel luogo medesimo nella cappella di Pa
estia di Monte Oliveto di Napoli, e nel luogo medesimo nella cappella di Paolo da Tolosa il coro lavorato dal medesimo; pe
simo onor tenuto, nella quale si morì d’età d’anni 68, l’anno 1537. E di costui, come di persona veramente eccellente e ra
, nella quale si morì d’età d’anni 68, l’anno 1537. E di costui, come di persona veramente eccellente e rara, ho voluto fa
tasse la sua virtù, la quale fu cagione, come si dirà in altro luogo, di molte opere rare fatte da altri maestri dopo lui.
i maestri dopo lui. Ma per tornare a Raffaello, crebbero le virtù sue di maniera ch’e’ seguitò per commissione del Papa la
vivo; la quale opera è oggi in Santa Maria del Popolo, con un quadro di Nostra Donna bellissimo, fatto medesimamente in q
bellissimo, fatto medesimamente in questo tempo, dentrovi la Natività di Iesu Cristo, dove è la Vergine che con un velo cu
to, dove è la Vergine che con un velo cuopre il Figliuolo, il quale è di tanta bellezza che nell’aria della testa e per tu
aria della testa e per tutte le membra dimostra essere vero figliuolo di Dio: e non manco di quello è bella la testa et il
er tutte le membra dimostra essere vero figliuolo di Dio: e non manco di quello è bella la testa et il volto di essa Madon
figliuolo di Dio: e non manco di quello è bella la testa et il volto di essa Madonna, conoscendosi in lei, oltra la somma
empo che Michelagnolo fece al Papa nella cappella quel romore e paura di che parleremo nella Vita sua, onde fu sforzato fu
lla capella, a Rafaello, come amico, la fece vedere, acciò che i modi di Michele Agnolo comprendere potesse. Onde tal vist
Onde tal vista fu cagione che in Santo Agostino, sopra la Santa Anna di Andrea Sansovino in Roma, Rafaello sùbito rifaces
la Santa Anna di Andrea Sansovino in Roma, Rafaello sùbito rifacesse di nuovo lo Esaia profeta che ci si vede, che digià
ede, che digià lo aveva finito; nella quale opera, per le cose vedute di Michele Agnolo, migliorò et ingrandì fuor di modo
pera, per le cose vedute di Michele Agnolo, migliorò et ingrandì fuor di modo la maniera e diedele più maestà; per che nel
ra e diedele più maestà; per che nel veder poi Michele Agnolo l’opera di Raffaello, pensò che Bramante, com’era vero, gli
me a Rafaello. Al quale Agostino Chisi sanese, ricchissimo mercante e di tutti gl’uomini virtuosi amicissimo, fece non mol
il cartone per la detta capella, la quale è all’entrata della chiesa di S. Maria della Pace, a man destra entrando in chi
la prima. Figurò Raffaello in questa pittura, avanti che la cappella di Michelagnolo si discoprisse publicamente, avendol
faello facesse in vita sua. Poi, stimolato da’ prieghi d’un cameriere di papa Giulio, dipinse la tavola dello altar maggio
d’un cameriere di papa Giulio, dipinse la tavola dello altar maggiore di Araceli, nella quale fece una Nostra Donna in ari
e; nella qual Nostra Donna è una umiltà e modestia veramente da madre di Cristo, et oltre che il Putto con bella attitudin
giuno, e nella testa si scorge una sincerità d’animo et una prontezza di sicurtà, come in coloro che lontani dal mondo lo
strò nelle sue carte, offerendo con ambe le mani il cameriero in atto di raccomandarlo: il qual cameriero nel suo ritratto
che si sia dipinto. Né mancò Raffaello fare il medesimo nella figura di San Francesco, il quale ginocchioni in terra, con
steso e con la testa elevata, guarda in alto la Nostra Donna, ardendo di carità nello affetto della pittu[II. 74]ra, la qu
4]ra, la quale nel lineamento e nel colorito mostra che e’ si strugga di affezzione, pigliando conforto e vita dal mansuet
ne, pigliando conforto e vita dal mansuetissimo guardo della bellezza di lei e dalla vivezza e bellezza del Figliuolo. Fec
Nostra Donna, che alza la testa verso lei e tiene uno epitaffio, che di bellezza di volto e di corrispondenza della perso
a, che alza la testa verso lei e tiene uno epitaffio, che di bellezza di volto e di corrispondenza della persona non si pu
la testa verso lei e tiene uno epitaffio, che di bellezza di volto e di corrispondenza della persona non si può fare né p
ta perfezzione è singulare e bellissimo. Dappoi continuando le camere di palazzo, fece una storia del miracolo del Sacrame
ece una storia del miracolo del Sacramento del Corporale d’Orvieto, o di Bolsena che eglino se ‘l chiamino; nella quale st
storia si vede al prete, mentre che dice messa, nella testa infocata di rosso la vergogna che egli aveva nel veder per la
iquefar l’ostia in sul corporale, e che spaventato negli occhi e fuor di sé, smarrito nel cospetto de’ suoi uditori, pare
llissime attitudini in diversi gesti, esprimendo in molte uno affetto di rendersi in colpa, e tanto ne’ maschi quanto nell
putto in collo, la quale sentendo il ragionamento che mostra un’altra di dirle del caso successo al prete, maravigliosamen
ode quella messa, cosa maravigliosissima, dove ritrasse il cardinale di San Giorgio et infiniti; e nel rotto della finest
n Giorgio et infiniti; e nel rotto della finestra accomodò una salita di scalèe, che la storia mostra intera: anzi pare ch
ita di scalèe, che la storia mostra intera: anzi pare che, se il vano di quella finestra non vi fosse, quella non sarebbe
veramente si gli può dar vanto che nelle invenzioni dei componimenti, di che storie si fossero, nessuno già mai più di lui
zioni dei componimenti, di che storie si fossero, nessuno già mai più di lui nella pittura è stato accomodato et aperto e
samento della prigione, che invero gli altri appresso a lui hanno più di confusione ch’egli non ha di bellezza, avendo egl
nvero gli altri appresso a lui hanno più di confusione ch’egli non ha di bellezza, avendo egli cercato di continuo figurar
nno più di confusione ch’egli non ha di bellezza, avendo egli cercato di continuo figurare le storie come elle sono scritt
ore della prigione nel veder legato fra que’ due armati con le catene di ferro quel vecchio, il gravissimo sonno nelle gua
tutte le minuzie delle carcere e vivacissimamente risplendere l’armi di coloro, in modo che i lustri paiono bruniti più c
et ingegno è nello atto quando egli, sciolto da le catene, esce fuor di prigione accompagnato dall’Angelo, dove mostra ne
guardie, che armate fuor della prigione sentono il romore de la porta di ferro, et una sentinella con una torcia in mano d
la torcia in tutte le armi, e dove non percuote quella, serve un lume di luna. La quale invenzione [II. 75] avendola fatta
maestro degli altri; e per cosa che contrafaccia la notte, più simile di quante la pittura ne fece già mai, questa è la pi
candelabro, e papa Giulio che caccia l’avarizia della Chiesa: storia di bellezza e di bontà simile alla notte detta di so
papa Giulio che caccia l’avarizia della Chiesa: storia di bellezza e di bontà simile alla notte detta di sopra; nella qua
a della Chiesa: storia di bellezza e di bontà simile alla notte detta di sopra; nella quale storia si veggono alcuni ritra
a notte detta di sopra; nella quale storia si veggono alcuni ritratti di palafrenieri che vivevano allora, i quali in su l
mo Eliodoro, che per comandamento d’Antioco vuole spogliare il tempio di tutti i depositi delle vedove e de’ pupilli: e gi
bbe et i tesori che andavano via, ma per la paura del nuovo accidente di Eliodoro abbattuto e percosso aspramente dai tre
ortava per un sùbito orrore e spavento che era nato in tutte le genti di Eliodoro. Et appartato da questi si vede il santi
che dal ciel sente sopravenuto. Veggonsi oltra ciò, per bel capriccio di Raffaello, molti saliti sopra i zoccoli del basam
lo tutto attonito in diverse e varie maniere, che aspetta il successo di questa cosa. E fu questa opera tanto stupenda in
in grandissima venerazione; onde messer Francesco Masini, gentiluomo di Cesena (il quale senza aiuto di alcun maestro, ma
e messer Francesco Masini, gentiluomo di Cesena (il quale senza aiuto di alcun maestro, ma infin da fanciullezza guidato d
n maestro, ma infin da fanciullezza guidato da straordinario instinto di natura, dando da se medesimo opera al disegno et
i intendenti dell’arte), ha, fra molti suoi disegni et alcuni rilievi di marmo antichi, alcuni pezzi del detto cartone che
ramente meritano. Né tacerò che messer Niccolò Masini, il quale mi ha di queste cose dato notizia, è, come in tutte l’altr
lo, nella volta poi che vi è sopra fece quattro.storie: l’apparizione di Dio ad Abraam nel promettergli la moltiplicazione
rgli la moltiplicazione del seme suo, il sacrificio d’Isaac, la scala di Iacob, e ‘l rubo ardente di Moisè, nella quale no
seme suo, il sacrificio d’Isaac, la scala di Iacob, e ‘l rubo ardente di Moisè, nella quale non si conosce meno arte, inve
meno arte, invenzione, disegno e grazia che nelle altre cose lavorate di lui. Mentre che la felicità di questo artefice fa
e grazia che nelle altre cose lavorate di lui. Mentre che la felicità di questo artefice faceva di sé tante gran maravi[II
ose lavorate di lui. Mentre che la felicità di questo artefice faceva di sé tante gran maravi[II. 76]glie, la invidia dell
la fortuna privò de la vita Giulio Secondo, il quale era alimentatore di tal virtù et amatore d’ogni cosa buona. Laonde fu
ite, avendo incontrato in un principe sì grande, il quale per eredità di casa sua era molto inclinato a tale arte. Per il
ra molto inclinato a tale arte. Per il che Raffaello si mise in cuore di seguire tale opera, e nell’altra faccia fece la v
ll’altra faccia fece la venuta d’Atila a Roma, e lo incontrarlo appiè di Monte Mario che fece Leon III pontefice, il quale
e spade in mano che vengono a difender la Chiesa: e se bene la storia di Leon III non dice questo, egli nondimeno per capr
to che è cavalcato da una figura, la quale ha tutto lo ignudo coperto di scaglie a guisa di pesce: il che è ritratto da la
da una figura, la quale ha tutto lo ignudo coperto di scaglie a guisa di pesce: il che è ritratto da la colonna Traiana, n
i popoli armati in quella foggia, e si stima ch’elle siano arme fatte di pelle di coccodrilli. Èvvi Monte Mario che abruci
armati in quella foggia, e si stima ch’elle siano arme fatte di pelle di coccodrilli. Èvvi Monte Mario che abrucia, mostra
i aloggiamenti rimangono sempre in preda alle fiamme. Ritrasse ancora di naturale alcuni mazzieri che accompagnano il Papa
ale opera, et utilissima a l’arte nostra, massimamente per quegli che di tali cose son digiuni. In questo medesimo tempo f
accompagna Tobia. Lavorò un quadro al signor Leonello da Carpi signor di Meldola, il quale ancor vive di età più che novan
ro al signor Leonello da Carpi signor di Meldola, il quale ancor vive di età più che novanta anni, il quale fu miracolosis
e ancor vive di età più che novanta anni, il quale fu miracolosissimo di colorito e di bellezza singulare, attesoché egli
i età più che novanta anni, il quale fu miracolosissimo di colorito e di bellezza singulare, attesoché egli è condotto di
issimo di colorito e di bellezza singulare, attesoché egli è condotto di forza e d’una vaghezza tanto leggiadra che io non
Giuseppo. Questo quadro era già appresso il reverendissimo cardinale di Carpi, figliuolo di detto signor Leonello, delle
adro era già appresso il reverendissimo cardinale di Carpi, figliuolo di detto signor Leonello, delle nostre arti amator g
o gli eredi suoi. Dopo, essendo stato creato Lorenzo Pucci, cardinale di Santi Quattro, sommo penitenziere, ebbe grazia co
iere, ebbe grazia con esso che egli facesse per San Giovanni in Monte di Bologna una tavola, la quale è oggi lo[II. 77]cat
o, nella quale opera mostrò quanto la grazia nelle delicatissime mani di Raffaello potesse insieme con l’arte. Èvvi una Sa
ia, e si vede nella sua testa quella astrazzione che si vede nel viso di coloro che sono in estasi; oltra che sono sparsi
vivi e veri si conoscono, e similmente alcuni suoi veli e vestimenti di drappi d’oro e di seta, e sotto quelli un cilicci
noscono, e similmente alcuni suoi veli e vestimenti di drappi d’oro e di seta, e sotto quelli un ciliccio maraviglioso. E
a, e scalzo. Èvvi poi Santa Maria Maddalena che tiene in mano un vaso di pietra finissima, in un posar leggiadrissimo, e s
che meglio non si potesse fare: e così sono anco bellissime le teste di Santo Agostino e di San Giovanni Evangelista. E n
otesse fare: e così sono anco bellissime le teste di Santo Agostino e di San Giovanni Evangelista. E nel vero che l’altre
nel vero che l’altre pitture, pitture nominare si possono, ma quelle di Raffaello cose vive, perché trema la carne, vedes
e vulgari, de’ quali metterò questi soli per non far più lunga storia di quel che io mi abbi fatto: Pingant sola alii refe
Raphael atque animum explicuit. Fece ancora doppo questo un quadretto di figure piccole, oggi in Bologna medesimamente, in
amente, in casa il conte Vincenzio Arcolano, dentrovi un Cristo a uso di Giove in cielo, e dattorno i quattro Evangelisti
attorno i quattro Evangelisti come gli descrive Ezechiel: uno a guisa di uomo e l’altro di leone, e quello d’aquila, e di
Evangelisti come gli descrive Ezechiel: uno a guisa di uomo e l’altro di leone, e quello d’aquila, e di bue, con un paesin
zechiel: uno a guisa di uomo e l’altro di leone, e quello d’aquila, e di bue, con un paesino sotto figurato per la terra,
ma bontà un gran quadro ai conti da Canossa, nel quale è una Natività di Nostro Signore bellissima, con una aurora molto l
zi tutta l’opera, la quale non si può meglio lodare che dicendo che è di mano di Raffaello da Urbino: onde que’ conti meri
l’opera, la quale non si può meglio lodare che dicendo che è di mano di Raffaello da Urbino: onde que’ conti meritamente
uando era giovane, che è tenuto stupendissimo; e similmente un quadro di Nostra Donna che egli mandò a Fiorenza: il qual q
chissima a sedere, la quale porge alla Nostra Donna il suo Figliuolo, di tanta bellezza ne l’ignudo e nelle fat[t]ezze del
zaché Raffaello mostrò nel dipignere la Nostra Donna tutto quello che di bellezza si può fare nell’aria di una Vergine, do
re la Nostra Donna tutto quello che di bellezza si può fare nell’aria di una Vergine, dove sia accompagnata negli occhi mo
fa lume alla stanza dove le figure son dentro. Fece in Roma un quadro di buona grandezza, nel quale ritrasse papa Leone, i
e’ Medici e il cardinale de’ Rossi, nel quale si veggono non finte ma di rilievo tonde le figure: quivi è il veluto che ha
te contrafatti sì che non colori, ma oro e seta paiono; vi è un libro di cartapecora miniato, che più vivo si mostra che l
se vi è una palla della seggiola brunita e d’oro, nella quale a guisa di specchio si ribattono, tanta è la sua chiarezza,
n tanta diligenza, che credasi pure e sicuramente che maestro nessuno di questo meglio non faccia né abbia a fare. La qual
lio non faccia né abbia a fare. La quale opera fu cagione che il Papa di premio grande lo rimunerò; e questo quadro si tro
o dipinta nella grazia del colorito; i quali sono appresso agli eredi di Ottaviano de’ Medici in Fiorenza. Laonde di grand
sono appresso agli eredi di Ottaviano de’ Medici in Fiorenza. Laonde di grandezza fu la gloria di Raffaello accresciuta,
di Ottaviano de’ Medici in Fiorenza. Laonde di grandezza fu la gloria di Raffaello accresciuta, e de premii parimente: per
llo accresciuta, e de premii parimente: per che, per lasciare memoria di sé, fece murare un palazzo a Roma in Borgo Nuovo,
are un palazzo a Roma in Borgo Nuovo, il quale Bramante fece condurre di getto. Per queste e molte altre opere essendo pas
urre di getto. Per queste e molte altre opere essendo passata la fama di questo nobilissimo artefice insino in Francia et
iandra, Alberto Durero tedesco, pittore mirabilissimo et intagliatore di rame di bel[l]issime stampe, divenne tributario d
Alberto Durero tedesco, pittore mirabilissimo et intagliatore di rame di bel[l]issime stampe, divenne tributario delle sue
mandò la testa d’un suo ritratto condotta da lui a guazzo su una tela di bisso, che da ogni banda mostrava parimente e sen
arimente e senza biacca i lumi trasparenti, se non che con acquerelli di colori era tinta e macchiata, e de’ lumi del pann
aravigliosa a Raffaello; per che egli gli mandò molte carte disegnate di man sua, le quali furono carissime ad Alberto. Er
a, le quali furono carissime ad Alberto. Era questa testa fra le cose di Giulio Romano, ereditario di Raffaello, in Mantov
ad Alberto. Era questa testa fra le cose di Giulio Romano, ereditario di Raffaello, in Mantova. Avendo dunque veduto Raffa
aello lo andare nelle stampe d’Alberto Durero, volonteroso ancor egli di mostrare quel che in tale arte poteva, fece studi
uando bolle nell’olio. Fece poi Marco Antonio per Raffaello un numero di stampe, le quali Raffaello donò poi al Baviera su
aveva cura d’una sua donna, la quale Raffaello amò sino alla morte, e di quella fece un ritratto bellissimo che pareva viv
’amore che egli porta all’arte e particularmente a Raffaello; né meno di lui stima l’opere dell’arte nostra e gli artefici
[II. 79] per uno de’ più amorevoli che faccino beneficio agli uomini di queste professioni, è da me particulare tenuto e
ndo il cervello vòlto a cose ingegnose e fantastiche, trovò le stampe di legno, che con tre stampe possono il mez[z]o, il
tre stampe possono il mez[z]o, il lume e l’ombra contrafare le carte di chiaro oscuro: la quale certo fu cosa di bella e
l’ombra contrafare le carte di chiaro oscuro: la quale certo fu cosa di bella e capricciosa invenzione, e di questa ancor
o oscuro: la quale certo fu cosa di bella e capricciosa invenzione, e di questa ancora è poi venuta abbondanza, come si di
, e di questa ancora è poi venuta abbondanza, come si dirà nella Vita di Marcantonio Bolognese più minutamente. Fece poi R
tonio Bolognese più minutamente. Fece poi Raffaello per il monasterio di Palermo, detto Santa Maria dello Spasmo, de’ frat
r il monasterio di Palermo, detto Santa Maria dello Spasmo, de’ frati di Monte Oliveto, una tavola d’un Cristo che porta l
a morte, cascato in terra per il peso del legno della croce e bagnato di sudore e di sangue, si volta verso le Marie, che
cato in terra per il peso del legno della croce e bagnato di sudore e di sangue, si volta verso le Marie, che piangono dir
o Veronica che stende le braccia porgendoli un panno, con uno affetto di carità grandissima; senzaché l’opera è piena di a
anno, con uno affetto di carità grandissima; senzaché l’opera è piena di armati a cavallo et a piede, i quali sboccano fuo
na di armati a cavallo et a piede, i quali sboccano fuora della porta di Gerusalemme con gli stendardi della giustizia in
una orribile tempesta percosse ad uno scoglio la nave che la portava, di maniera che tutta si aperse, e si perderono gli u
la solamente, che così incassata come era fu portata dal mare in quel di Genova: dove ripescata e tirata in terra, fu vedu
alla furia de’ venti e l’onde del mare ebbono rispetto alla bellezza di tale opera; della quale divulgandosi poi la fama,
e opera; della quale divulgandosi poi la fama, procacciarono i monaci di riaverla, et appena che con favori del Papa ella
atisfecero, e bene, coloro che l’avevano salvata. Rimbarcatala dunque di nuovo e condottola pure in Sicilia, la posero in
ero in Palermo, nel qual luogo ha più fama e riputazione che ‘l monte di Vulcano. Mentre che Raffaello lavorava queste ope
ntre che Raffaello lavorava queste opere, le quali non poteva mancare di fare, avendo a servire per persone grandi e segna
sse particulare non poteva disdire, non restava però con tutto questo di seguitare l’ordine che egli aveva cominciato de l
n peso così fatto. Non passò dunque molto che egli scoperse la camera di torre Borgia, nella quale aveva fatto in ogni fac
opra le finestre e due altre in quelle libere. Era in una lo incendio di Bo[r]go Vec[II. 80]chio di Roma, che non possendo
e in quelle libere. Era in una lo incendio di Bo[r]go Vec[II. 80]chio di Roma, che non possendosi spegnere il fuoco, San L
he non possendosi spegnere il fuoco, San Leone IIII si fa alla loggia di palazzo, e con la benedizzione lo estingue intera
io descrive che Anchise fu portato da Enea, un vecchio ammalato, fuor di sé per l’infermità e per le fiamme del fuoco; dov
dove si vede nella figura del giovane l’animo e la forza et il patire di tutte le membra dal peso del vecchio abbandonato
getta ad un suo che è campato dalle fiame e sta nella strada in punta di piede a braccia tese per ricevere il fanciullo in
iullo in fasce: dove non meno si conosce in lei l’affetto del cercare di campare il figliuolo che il patire di sé nel peri
ce in lei l’affetto del cercare di campare il figliuolo che il patire di sé nel pericolo dello ardentissimo fuoco che la a
a. L’altra storia è del medesimo S. Leon IIII, dove ha finto il porto di Ostia occupato da una armata di Turchi che era ve
S. Leon IIII, dove ha finto il porto di Ostia occupato da una armata di Turchi che era venuta per farlo prigione. Veggonv
ba, con bellissime cere e bravissime attitudini, e con una differenza di abiti da galeotti sono menati innanzi a S. Leone,
due storie quando papa Leone X sagra il re cristianissimo Francesco I di Francia, cantando la messa in pontificale e bened
icale che ministrano, vi ritrasse molti ambasciatori et altre persone di naturale, e così certe figure con abiti alla fran
azione del detto re, nella quale è il Papa et esso Francesco ritratti di naturale, l’uno armato e l’altro pontificalmente,
loro luoghi a sedere ordinatamente come costuma la cappella, ritratti di naturale, come Giannozzo Pandolfini vescovo di Tr
la cappella, ritratti di naturale, come Giannozzo Pandolfini vescovo di Troia, amicissimo di Raffaello, e molti [II. 81]
i di naturale, come Giannozzo Pandolfini vescovo di Troia, amicissimo di Raffaello, e molti [II. 81] altri che furono segn
oi cardinale e vicecancelliere, tanto pregiato et amicissimo non solo di questa virtù, ma di tutte le altre: alle benignis
ancelliere, tanto pregiato et amicissimo non solo di questa virtù, ma di tutte le altre: alle benignissime ossa del quale
fusse, ebbe origine da lui. Non si può scrivere le minuzie delle cose di questo artefice, ché invero ogni cosa nel suo sil
che favelli; oltra i basamenti fatti sotto a queste con varie figure di difensori e remuneratori della Chiesa, messi in m
spirto et affetto e considerazione, con quella concordanzia et unione di colorito l’una con l’altra che migliore non si pu
’una con l’altra che migliore non si può imaginare. E perché la volta di questa stanza era dipinta da Pietro Perugino suo
ncipio del grado che egli teneva in tal virtù. Era tanta la grandezza di questo uomo, che teneva disegnatori per tutta Ita
talia, a Pozzuolo e fino in Grecia; né restò d’avere tutto quello che di buono per questa arte potesse giovare. Per che se
potesse giovare. Per che seguitando egli ancora, fece una sala, dove di terretta erano alcune figure di Apostoli et altri
ando egli ancora, fece una sala, dove di terretta erano alcune figure di Apostoli et altri Santi in tabernacoli; e per Gio
lli, i lioni, i liofanti et altri animali più stranieri. Et oltre che di grottesche e vari pavimenti egli tal palazzo abbe
iate bene da Bramante architettore, ma rimase imperfette per la morte di quello, e seguite poi col nuovo disegno et archit
r la morte di quello, e seguite poi col nuovo disegno et architettura di Raffaello, che ne fece un modello di legname con
ol nuovo disegno et architettura di Raffaello, che ne fece un modello di legname con maggiore ordine et ornamento che non
gnificenza e generosità sua, Raffaello fece i disegni degli ornamenti di stucchi e delle storie che vi si dipinsero, e sim
nte de’ partimenti; e quanto allo stucco et alle grottesche fece capo di quella opera Giovanni da Udine, e sopra le figure
r pitture, stucchi, ordine e belle invenzioni, né farsi né imaginarsi di fare più bell’opera. E fu cagione la bellezza di
farsi né imaginarsi di fare più bell’opera. E fu cagione la bellezza di questo lavoro che Raffaello ebbe carico di tutte
. E fu cagione la bellezza di questo lavoro che Raffaello ebbe carico di tutte le cose di pittura et architettura che si f
bellezza di questo lavoro che Raffaello ebbe carico di tutte le cose di pittura et architettura che si facevano in palazz
hitettura che si facevano in palazzo. Dicesi ch’era tanta la cortesia di Raffaello, che coloro che muravano, perché egli a
ad aprirsi. Egli fece fare a Gian Barile, in tutte le porte e palchi di legname, assai cose d’intaglio lavorate e finite
82]gna del Papa, et in Borgo a più case, e particularmente al palazzo di messer Giovan Batista dall’Aquila, il quale fu co
Aquila, il quale fu cosa bellissima. Ne disegnò ancora uno al vescovo di Troia, il quale lo fece fare in Fiorenza nella vi
uno al vescovo di Troia, il quale lo fece fare in Fiorenza nella via di San Gallo. Fece a’ Monaci Neri di San Sisto in Pi
lo fece fare in Fiorenza nella via di San Gallo. Fece a’ Monaci Neri di San Sisto in Piacenza la tavola dello altar maggi
fece un sasso arsiccio per il centro della terra, che fra le fessure di quello usciva fuori alcuna fiamma di fuoco e di z
della terra, che fra le fessure di quello usciva fuori alcuna fiamma di fuoco e di zolfo: et in Lucifero, incotto et arso
a, che fra le fessure di quello usciva fuori alcuna fiamma di fuoco e di zolfo: et in Lucifero, incotto et arso nelle memb
zolfo: et in Lucifero, incotto et arso nelle membra con incarnazione di diverse tinte, si scorgeva tutte le sorti della c
superbia invelenita e gonfia adopera contra chi opprime la grandezza di chi è privo di regno dove sia pace, e certo di av
enita e gonfia adopera contra chi opprime la grandezza di chi è privo di regno dove sia pace, e certo di avere aùpprovare
i opprime la grandezza di chi è privo di regno dove sia pace, e certo di avere aùpprovare continovamente pena. Il contrari
he, ancora che e’ sia fatto con aria celeste, accompagnato dalle armi di ferro e di oro, ha nondimeno bravura e forza e te
che e’ sia fatto con aria celeste, accompagnato dalle armi di ferro e di oro, ha nondimeno bravura e forza e terrore, aven
ite. Fu Raffaello persona molto amorosa et affezzionata alle donne, e di continuo presto ai servigi loro; la qual cosa fu
more ch’e’ portava ad una sua donna; per il che Agostino si disperava di sorte, che per via d’altri e da sé e di mezzi anc
il che Agostino si disperava di sorte, che per via d’altri e da sé e di mezzi ancora operò sì, che appena ottenne che que
e a fine. Fece in questa opera tutti i cartoni, e molte figure colorì di sua mano in fresco. E nella volta fece il concili
ntico, con bellissima grazia e disegno espressi; e così fece le nozze di Psiche con ministri che servon Giove, e le Grazie
et in un’altra è Giove con gravità celeste che bacia Ganimede; e così di sotto nell’altra il carro di Venere, e le Grazie
avità celeste che bacia Ganimede; e così di sotto nell’altra il carro di Venere, e le Grazie che con Mercurio tirano al ci
o, bellissimi, i quali volando portano tutti gli strumenti degli Dei: di Giove il fulmine e le saette, di Marte gli elmi,
rtano tutti gli strumenti degli Dei: di Giove il fulmine e le saette, di Marte gli elmi, le spade e le targhe, di Vulcano
iove il fulmine e le saette, di Marte gli elmi, le spade e le targhe, di Vulcano i martelli, di Ercole la clava e la pelle
ette, di Marte gli elmi, le spade e le targhe, di Vulcano i martelli, di Ercole la clava e la pelle del lione, di Mercurio
rghe, di Vulcano i martelli, di Ercole la clava e la pelle del lione, di Mercurio il caduceo, di Pan la sampogna, di Vertu
lli, di Ercole la clava e la pelle del lione, di Mercurio il caduceo, di Pan la sampogna, di Vertunno i rastri della agric
ava e la pelle del lione, di Mercurio il caduceo, di Pan la sampogna, di Vertunno i rastri della agricultura, e tutti hann
ce l’ordine delle architetture delle stalle de’ Ghigi; e nella chiesa di Santa Maria del Popolo l’ordine della cappella di
igi; e nella chiesa di Santa Maria del Popolo l’ordine della cappella di [II. 83] Agostino sopradetto, nella quale, oltre
che sono ancora in casa sua al Macello de’ Corbi in Roma. Ma la morte di Raffaello, e poi quella di Agostino, fu cagione c
al Macello de’ Corbi in Roma. Ma la morte di Raffaello, e poi quella di Agostino, fu cagione che tal cosa si desse a Seba
andezza venuto, che Leon X ordinò che egli cominciasse la sala grande di sopra, dove sono le vittorie di Gostantino, alla
ò che egli cominciasse la sala grande di sopra, dove sono le vittorie di Gostantino, alla quale egli diede principio. Simi
no, alla quale egli diede principio. Similmente venne volontà al Papa di far panni d’arazzi ricchissimi d’oro e di seta in
mente venne volontà al Papa di far panni d’arazzi ricchissimi d’oro e di seta in filaticci; per che Raffaello fece in prop
eta in filaticci; per che Raffaello fece in propria forma e grandezza di tutti, di sua mano, i cartoni coloriti, i quali f
aticci; per che Raffaello fece in propria forma e grandezza di tutti, di sua mano, i cartoni coloriti, i quali furono mand
e barbe, e dato col filo morbidezza alle carni: opera certo più tosto di miracolo che d’artificio umano, perché in essi so
i aver seco obligo infinito: et ora si ritrova in Fiorenza nelle mani di Francesco Benintendi. Dipinse a Giulio cardinale
rdinale de’ Medici e vicecancelliere una tavola della Trasfigurazione di Cristo per mandare in Francia, la quale egli di s
della Trasfigurazione di Cristo per mandare in Francia, la quale egli di sua mano continuamente lavorando ridusse ad ultim
ella quale storia figurò Cristo trasfigurato nel monte Tabor, e appiè di quello gli undici Discepoli che lo aspettano, dov
a se stesso. Èvvi una femina fra molte, la quale è principale figura di quella tavola, che inginocchiata dinanzi a quegli
loro e coll’atto delle braccia verso lo spiritato, mostra la miseria di colui; oltra che gli Apostoli, chi ritto e chi a
a sedere e altri ginocchioni, mostrano avere grandissima compassione di tanta disgrazia. E nel vero egli vi fece figure e
in una aria lucida con Mosè et Elia, che alluminati da una chiarezza di splendore si fanno vivi nel lume suo. Sono in ter
con le mani si difende dai raggi e dalla immensa luce dello splendore di Cristo, il quale, vestito di colore di neve, pare
ggi e dalla immensa luce dello splendore di Cristo, il quale, vestito di colore di neve, pare che aprendo le braccia et al
a immensa luce dello splendore di Cristo, il quale, vestito di colore di neve, pare che aprendo le braccia et alzando la t
e aprendo le braccia et alzando la testa mostri la essenza e la deità di tutte tre le Persone, unitamente ristrette nella
utte tre le Persone, unitamente ristrette nella perfezzione dell’arte di Raffaello; il quale pare che tanto si restrigness
n la virtù sua per mostrare lo sforzo et il valor dell’arte nel volto di Cristo, che finitolo, come ultima cosa che a fare
ù pennelli, sopragiugnendoli la morte. Ora, avendo raccontate l’opere di questo eccellentissimo artefice, prima che io ven
iscorrere alquanto per utile de’ nostri artefici intorno alle maniere di Raffaello. Egli dunque, avendo nella sua fanciull
faello. Egli dunque, avendo nella sua fanciullezza imitato la maniera di Pietro Perugino suo maestro, e fattala molto migl
e età, esser troppo lontano dal vero: perciò che vedendo egli l’opere di Lionardo da Vinci, il quale nell’arie delle teste
li l’opere di Lionardo da Vinci, il quale nell’arie delle teste, così di maschi come di femmine, non ebbe pari, e nel dar
ionardo da Vinci, il quale nell’arie delle teste, così di maschi come di femmine, non ebbe pari, e nel dar grazia alle fig
tò tutto stupefatto e maravigliato; et insomma piacendogli la maniera di Lionardo più che qualunche altra avesse veduta ma
iarla, e lasciando, se bene con gran fatica, a poco a poco la maniera di Pietro, cercò, quanto seppe e poté il più, d’imit
ra di Pietro, cercò, quanto seppe e poté il più, d’imitare la maniera di esso Lionardo. Ma per diligenza o studio che face
nondimeno non gli fu punto superiore in un certo fondamento terribile di concetti e grandezza d’arte, nel che pochi sono s
lla grazia de’ colori. Ma tornando a esso Raffaello, gli fu col tempo di grandissimo disaiuto e fatica quella maniera che
tempo di grandissimo disaiuto e fatica quella maniera che egli prese di Pietro quando era giovanetto, la quale prese agev
era giovanetto, la quale prese agevolmente per essere minuta, secca e di poco dissegno; perciò che non potendosela dimenti
al cartone che fece Michelagnolo Buonarroti per la sala del Consiglio di Fiorenza: et un altro che si fusse perso d’animo,
re insino allora gettato via il tempo, non arebbe mai fatto, ancorché di bellissimo ingegno, quello che fece Raffaello; il
ece Raffaello; il quale smorbatosi e levatosi da dosso quella maniera di Pietro per apprender quella di Michelagnolo, pien
osi e levatosi da dosso quella maniera di Pietro per apprender quella di Michelagnolo, piena di difficultà in tutte le par
quella maniera di Pietro per apprender quella di Michelagnolo, piena di difficultà in tutte le parti, diventò quasi di ma
di Michelagnolo, piena di difficultà in tutte le parti, diventò quasi di maestro nuovo discepolo, e si sforzò con incredib
quasi di maestro nuovo discepolo, e si sforzò con incredibile studio di fare, essendo già uomo, in pochi mesi quello che
fare, essendo già uomo, in pochi mesi quello che arebbe avuto bisogno di quella tenera età che meglio apprende ogni cosa,
o di quella tenera età che meglio apprende ogni cosa, e de lo spazzio di molti anni. E nel vero, chi non impara a buon’ora
udi con quello studio che si ricerca, ma solamente gli aveva ritratti di naturale nella ma[II. 85]niera che aveva veduto f
do nondimeno che non poteva in questa parte arrivare alla perfezzione di Michelagnolo, come uomo di grandissimo giudizio c
in questa parte arrivare alla perfezzione di Michelagnolo, come uomo di grandissimo giudizio considerò che la pittura non
ganza delle prospettive, de’ casamenti e de’ paesi, il leggiadro modo di vestire le figure, il fare che elle si perdino al
chi eglino sono fatti; et altre cose infinite, come sono abigliamenti di panni, calzari, celate, armadure, acconciature di
e sono abigliamenti di panni, calzari, celate, armadure, acconciature di femmine, capegli, barbe, vasi, alberi, grotte, sa
i, arie torbide e serene, nuvoli, piogge, saette, sereni, notte, lumi di luna, splendori di sole, et infinite altre cose c
erene, nuvoli, piogge, saette, sereni, notte, lumi di luna, splendori di sole, et infinite altre cose che seco portano ogn
o aggiugnere Michelagnolo in quella parte dove egli aveva messo mano, di volerlo in queste altre pareggiare e forse supera
reggiare e forse superarlo; e così si diede non ad imitare la maniera di colui, per non perdervi vanamente il tempo, ma a
nostra, che per aver voluto seguitare lo studio solamente delle cose di Michelagnolo non hanno imitato lui né potuto aggi
arebbono faticato invano né fatto una maniera molto dura, tutta piena di difficultà, senza vaghezza, senza colorito e pove
rsali e d’imitare l’altre parti, essere stati a se stessi et al mondo di giovamento. Raffaello adunque, fatta questa risol
o adunque, fatta questa risoluzione, e conosciuto che fra’ Bartolomeo di San Marco aveva un assai buon modo di dipignere,
conosciuto che fra’ Bartolomeo di San Marco aveva un assai buon modo di dipignere, disegno ben fondato, et una maniera di
un assai buon modo di dipignere, disegno ben fondato, et una maniera di colorito piacevole, ancorché talvolta usasse trop
rve secondo il suo bisogno e capriccio, cioè un modo mezzano [II. 86] di fare, così nel dissegno come nel colorito; e mesc
to modo alcuni altri scelti delle cose migliori d’altri maestri, fece di molte maniere una sola, che fu poi sempre tenuta
e fece, come si è detto, nella Pace: al fare della quale opera gli fu di grande aiuto l’aver veduto nella capella del Papa
a gli fu di grande aiuto l’aver veduto nella capella del Papa l’opera di Michelagnolo. E se Raffaello si fusse in questa s
aello si fusse in questa sua detta maniera fermato, né avesse cercato di aggrandirla e variarla per mostrare che egli inte
eva gl’ignudi così bene come Michelagnolo, non si sarebbe tolto parte di quel buon nome che acquistato si aveva; perciò ch
che acquistato si aveva; perciò che gli ignudi che fece nella camera di torre Borgia, dove è l’incendio di Borgo Nuovo, a
e gli ignudi che fece nella camera di torre Borgia, dove è l’incendio di Borgo Nuovo, ancora che siano buoni, non sono in
nella volta del palazzo d’Agostin Chigi in Trastevere, perché mancano di quella grazia e dolcezza che fu propria di Raffae
Trastevere, perché mancano di quella grazia e dolcezza che fu propria di Raffaello: del che fu anche in gran parte cagione
izioso, volle poi lavorare da sé solo e senza aiuto d’altri la tavola di San Pietro a Montorio della Trasfigurazione di Cr
iuto d’altri la tavola di San Pietro a Montorio della Trasfigurazione di Cristo, nella quale sono quelle parti che già s’è
se non avesse in questa opera, quasi per capriccio, adoperato il nero di fumo da stampatori, il quale, come più volte si è
o il nero di fumo da stampatori, il quale, come più volte si è detto, di sua natura diventa sempre col tempo più scuro et
oggi pare più tosto tinta che altrimenti. Ho voluto quasi nella fine di questa Vita fare questo discorso per mostrare con
o difendere da quelli impedimenti dai quali seppe la prudenza e virtù di Raffaello difendersi. Aggiugnerò ancor questo, ch
fendersi. Aggiugnerò ancor questo, che doverebbe ciascuno contentarsi di fare volentieri quelle cose alle quali si sente d
vergogna e danno. Oltre ciò, quando basta il fare, non si dee cercare di volere strafare per passare innanzi a coloro che,
di volere strafare per passare innanzi a coloro che, per grande aiuto di natura e per grazia particolare data loro da Dio,
l’arte forse più che bisogno non era, per ritornare alla vita e morte di Raffaello, dico che avendo egli stretta amicizia
dico che avendo egli stretta amicizia con Bernardo Divizio cardinale di Bibbiena, il cardinale l’aveva molti anni infesta
stato per dargli moglie, e Raffaello non aveva espressamente ricusato di fare la voglia del cardina[II. 87]le, ma aveva be
oglia del cardina[II. 87]le, ma aveva ben trattenuto la cosa con dire di voler aspettare che passassero tre o quattro anni
n volle mancare della parola sua, e così accettò per donna una nipote di esso cardinale. E perché sempre fu malissimo cont
a una nipote di esso cardinale. E perché sempre fu malissimo contento di questo laccio, andò in modo mettendo tempo in mez
osito, perché avendo tanti anni servito la corte et essendo creditore di Leone di buona somma, gli era stato dato indizio
rché avendo tanti anni servito la corte et essendo creditore di Leone di buona somma, gli era stato dato indizio che alla
sue il Papa gli avrebbe dato un capèllo rosso, avendo già deliberato di farne un buon numero, e fra essi qualcuno di manc
o, avendo già deliberato di farne un buon numero, e fra essi qualcuno di manco merito che Raffaello non era. Il quale Raff
lo non era. Il quale Raffaello, attendendo intanto a’ suoi amori così di nascosto, continuò fuor di modo i piaceri amorosi
llo, attendendo intanto a’ suoi amori così di nascosto, continuò fuor di modo i piaceri amorosi; onde avvenne ch’una volta
isordine che aveva fatto, per poca prudenza loro gli cavarono sangue, di maniera che indebilito si sentiva mancare, là dov
maniera che indebilito si sentiva mancare, là dove egli aveva bisogno di ristoro. Per che fece testamento: e prima come cr
er che fece testamento: e prima come cristiano mandò l’amata sua fuor di casa e le lasciò modo di vivere onestamente; dopo
prima come cristiano mandò l’amata sua fuor di casa e le lasciò modo di vivere onestamente; dopo, divise le cose sue fra
elle sue facultà in Santa Maria Ritonda si restaurasse un tabernacolo di quegli antichi di pietre nuove, et uno altare si
n Santa Maria Ritonda si restaurasse un tabernacolo di quegli antichi di pietre nuove, et uno altare si facesse con una st
egli antichi di pietre nuove, et uno altare si facesse con una statua di Nostra Donna di marmo, la quale per sua sepoltura
pietre nuove, et uno altare si facesse con una statua di Nostra Donna di marmo, la quale per sua sepoltura e riposo dopo l
enerdì Santo, d’anni XXXVII; l’anima del quale è da credere che, come di sue virtù ha abbellito il mondo, così abbia di se
è da credere che, come di sue virtù ha abbellito il mondo, così abbia di se medesima adorno il cielo. Gli misero alla mort
ra, nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava; la quale tavo
di dolore a ognuno che quivi guardava; la quale tavola per la perdita di Raffaello fu messa dal cardinale a San Pietro a M
tta la corte del Papa, prima per avere egli avuto in vita uno officio di cubiculario, et appresso per essere stato sì caro
piagnere. O felice e beata anima, da che ogn’uomo volentieri ragiona di te e celebra i gesti tuoi et ammira ogni tuo dise
ridotti a quella fine e perfezzione che appena si poteva sperare: né di passar lui già mai si pensi spirito alcuno. Et ol
alcuno. Et oltre a questo beneficio che e’ fece all’arte, come amico di quella, non restò vivendo mostrarci come si negoz
ocri e con gl’infimi. E certo fra le sue doti singulari ne scorgo una di tal valore che in me stesso stupisco, che il ciel
di tal valore che in me stesso stupisco, che il cielo gli diede forza di poter mostrare ne l’arte nostra uno effetto sì co
mostrare ne l’arte nostra uno effetto sì contrario alle complessioni di noi pittori; questo è che naturalmente gli artefi
non dico solo i bassi, ma quelli che hanno umore d’esser grandi (come di questo umore l’arte ne produce infiniti), lavoran
umore l’arte ne produce infiniti), lavorando ne l’opere in compagnia di Raffaello stavano uniti e di concordia tale che t
niti), lavorando ne l’opere in compagnia di Raffaello stavano uniti e di concordia tale che tutti i mali umori nel veder l
el veder lui si amorzavano, et ogni vile e basso pensiero cadeva loro di mente: la quale unione mai non fu più in altro te
e sua, ma più dal genio della sua buona natura: la quale era sì piena di gentilezza e sì colma di carità, che egli si vede
ella sua buona natura: la quale era sì piena di gentilezza e sì colma di carità, che egli si vedeva che fino agli animali
avesse, et anche chi non lo avesse conosciuto, se lo avessi richiesto di qualche disegno che gli bisognasse, egli lasciava
er la qual cagione si vedeva che non andava mai a corte, che partendo di casa non avesse seco cinquanta pittori, tutti val
pur ti potevi allora stimare felicissima, avendo un tuo artefice che di virtù e di costumi t’alzava sopra il cielo! Beata
evi allora stimare felicissima, avendo un tuo artefice che di virtù e di costumi t’alzava sopra il cielo! Beata veramente
sopra il cielo! Beata veramente ti potevi chiamare, da che per l’orme di tanto uomo hanno pur visto gli allievi tuoi come
ute; le quali in Raffaello congiunte, potettero sforzare la grandezza di Giulio II e la generosità di Leone X, nel sommo g
ngiunte, potettero sforzare la grandezza di Giulio II e la generosità di Leone X, nel sommo grado e degnità che egli erono
degnità che egli erono, a farselo familiarissimo et usarli ogni sorte di liberalità, talché poté col favore e con le facul
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