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1 (1568) Vita di Raffaello
inite ricchezze de’ suoi tesori e tutte quelle grazie e più rari doni che in lungo spazio di tempo suol compartire fra molt
fra molti individui, chiaramente poté vedersi nel non meno eccellente che grazioso Raffael Sanzio da Urbino; il quale fu da
ino; il quale fu dalla natura dotato di tutta quella modestia e bontà che suole alcuna volta vedersi in coloro che più degl
utta quella modestia e bontà che suole alcuna volta vedersi in coloro che più degl’altri hanno a una certa umanità di natur
a gentile aggiunto un ornamento bellissimo d’una graziata affabilità, che sempre suol mostrarsi dolce e piacevole con ogni
65]faello esser vinta dall’arte e dai costumi insieme E nel vero, poi che la maggior parte degl’artefici stati insino allor
’artefici stati insino allora si avevano dalla natura recato un certo che di pazzia e di salvatichezza che, oltre all’averg
avevano dalla natura recato un certo che di pazzia e di salvatichezza che , oltre all’avergli fatti astratti e fantastichi,
he, oltre all’avergli fatti astratti e fantastichi, era stata cagione che molte volte si era più dimostrato in loro l’ombra
olte volte si era più dimostrato in loro l’ombra e lo scuro de’ vizii che la chiarezza e splendore di quelle virtù che fann
bra e lo scuro de’ vizii che la chiarezza e splendore di quelle virtù che fanno gli uomini imortali, fu ben ragione che, pe
lendore di quelle virtù che fanno gli uomini imortali, fu ben ragione che , per contrario, in Raffaello facesse chiaramente
et ogni macchia, ancorché grandissima. Laonde si può dire sicuramente che coloro che sono possessori di tante rare doti qua
chia, ancorché grandissima. Laonde si può dire sicuramente che coloro che sono possessori di tante rare doti quante si vide
n non uomini semplicemente, ma, se è così lecito dire, dèi mortali; e che coloro che nei ricordi della fama lasciano quaggi
i semplicemente, ma, se è così lecito dire, dèi mortali; e che coloro che nei ricordi della fama lasciano quaggiù fra noi m
buono ingegno et atto a indirizzare i figliuoli per quella buona via che a lui, per mala fortuna sua, non era stata mostra
i figliuoli non con il latte delle balie ma delle proprie madri, nato che gli fu Raffaello, al quale così pose nome al batt
o augurio, volle, non avendo altri figliuoli, come non ebbe anco poi, che la propria madre lo allattasse, e che più tosto n
liuoli, come non ebbe anco poi, che la propria madre lo allattasse, e che più tosto ne’ teneri anni aparasse in casa i cost
e, e che più tosto ne’ teneri anni aparasse in casa i costumi paterni che per le case de’ villani e plebei uomini men genti
ni e plebei uomini men gentili o rozzi costumi e creanze. E cresciuto che fu cominciò a esercitarlo nella pittura, vedendol
molto inclinato, di bellissimo ingegno: onde non passarono molti anni che Raffaello, ancor fanciullo, gli fu di grande aiut
che Raffaello, ancor fanciullo, gli fu di grande aiuto in molte opere che Giovanni fece nello Stato d’Urbino. In ultimo, co
Stato d’Urbino. In ultimo, conoscendo questo buono et amorevole padre che poco poteva appresso di sé acquistare il figliuol
figliuolo, si dispose di porlo con Pietro Perugino, il quale, secondo che gli veniva detto, teneva in quel tempo fra i pitt
veniva detto, teneva in quel tempo fra i pittori il primo luogo. Per che andato a Perugia, non vi trovando Pietro, si mise
re in San Francesco alcune cose. Ma tornato Pietro da Roma, Giovanni, che persona costumata era e gentile, fece seco amiciz
, fece seco amicizia, e quando tempo gli parve, col più acconcio modo che seppe gli disse il desiderio suo; e così Pietro,
iù acconcio modo che seppe gli disse il desiderio suo; e così Pietro, che era cortese molto et amator de’ belli ingegni, ac
lieto a Urbino e preso il putto, non senza molte lacrime della madre che teneramente l’amava, lo menò a Perugia, là dove P
are di Raffaello e le belle maniere e ‘ costumi, ne fe’ quel giudizio che poi il tempo dimostrò verissimo con gl’effetti. È
poi il tempo dimostrò verissimo con gl’effetti. È cosa notabilissima che , studiando Raffaello la maniera di Pietro, la imi
aello la maniera di Pietro, la imitò così a punto e in tutte le cose, che i suo ritratti non si conoscevano dagl’originali
ertamente dimostrano ancora in San Francesco di Perugia alcune figure che egli vi lavorò in una tavola a olio per madonna M
gli Oddi; e ciò sono: una Nostra Donna assunta in cielo e Gesù Cristo che la [II. 66] corona, e di sotto, intorno al sepolc
. 66] corona, e di sotto, intorno al sepolcro, sono i dodici Apostoli che contemplano la gloria celeste; e a piè della tavo
igenza; e chi non avesse in pratica la maniera, crederebbe fermamente che ella fusse di mano di Pietro, là dove ell’è senza
o. In questa opera è tirato un tempio in prospettiva con tanto amore, che è cosa mirabile a vedere le difficultà che egli i
ospettiva con tanto amore, che è cosa mirabile a vedere le difficultà che egli in tale esercizio andava cercando. In questo
lo gli fece alcuni dei disegni e cartoni di quell’opera. E la cagione che egli non continuò fu che, essendo in Siena da alc
segni e cartoni di quell’opera. E la cagione che egli non continuò fu che , essendo in Siena da alcuni pittori con grandissi
in Siena da alcuni pittori con grandissime lodi celebrato il cartone che Lionardo da Vinci aveva fatto nella sala del Papa
rroti molto migliori, venne in tanto disiderio Raffaello, per l’amore che portò sempre all’eccellenza dell’arte, che messo
rio Raffaello, per l’amore che portò sempre all’eccellenza dell’arte, che messo da parte quell’opera et ogni utile e comodo
venne a Fiorenza. Dove arrivato, perché non gli piacque meno la città che quell’opere, le quali gli parvero divine, deliber
il quale lo volle sempre in casa sua et alla sua tavola, come quegli che amò sempre tutti gli uomini inclinati alla virtù;
li che amò sempre tutti gli uomini inclinati alla virtù; e Raffaello, che era la gentilezza stessa, per non esser vinto di
tilezza stessa, per non esser vinto di cortesia, gli fece due quadri, che tengono della maniera prima di Pietro e dell’altr
ce due quadri, che tengono della maniera prima di Pietro e dell’altra che poi studiando apprese molto migliore, come si dir
udine d’ambidue una certa simplicità puerile e tutta amorevole, oltre che sono tanto ben coloriti e con tanta diligenza con
le, oltre che sono tanto ben coloriti e con tanta diligenza condotti, che più tosto paiono di carne viva che lavorati di co
ti e con tanta diligenza condotti, che più tosto paiono di carne viva che lavorati di colori e disegno; parimente la Nostra
fu da Lorenzo Nasi tenuto con grandissima vene[II. 67]razione mentre che visse, così per memoria di Raffaello, statogli am
morevolissimo dell’arte, fatti rimettere insieme in quel miglior modo che si potette. Dopo queste opere fu forzato Raffaell
dre e Giovanni suo padre morti, tutte le sue cose in abandono. Mentre che dunque dimorò in Urbino, fece per Guidobaldo da M
o Guidobaldo duca d’Urbino. Fece al medesimo un quadretto d’un Cristo che òra nell’orto, e lontani alquanto i tre Apostoli
etto d’un Cristo che òra nell’orto, e lontani alquanto i tre Apostoli che dormono; la qual pittura è tanto finita, che un m
alquanto i tre Apostoli che dormono; la qual pittura è tanto finita, che un minio non può essere né migliore né altrimenti
belle e dolci arie di teste e le più varie acconciature da capo - il che fu cosa rara in que’ tempi - che si possino veder
più varie acconciature da capo - il che fu cosa rara in que’ tempi - che si possino vedere; e sopra questa tavola, in un m
’orto, quando porta la croce, dove sono bellissime movenze di soldati che lo stracinano, e quando è morto in grembo alla Ma
onne in gran venerazione e da tutti i pittori molto lodata. Né tacerò che si conobbe, poi che fu stato a Firenze, che egli
ione e da tutti i pittori molto lodata. Né tacerò che si conobbe, poi che fu stato a Firenze, che egli variò et abbellì tan
i molto lodata. Né tacerò che si conobbe, poi che fu stato a Firenze, che egli variò et abbellì tanto la maniera mediante l
ra mediante l’aver vedute molte cose e di mano di maestri eccellenti, che ella non aveva che fare alcuna cosa con quella pr
vedute molte cose e di mano di maestri eccellenti, che ella non aveva che fare alcuna cosa con quella prima, se non come fu
mano di diversi e [II. 68] più e meno eccellenti nella pittura. Prima che partisse,di Perugia, lo pregò madonna Atlanta Bag
ura. Prima che partisse,di Perugia, lo pregò madonna Atlanta Baglioni che egli volesse farle per la sua cappella nella chie
cesco una tavola; ma perché egli non poté servirla allora, le promise che tornato che fusse da Firenze, dove allora per suo
vola; ma perché egli non poté servirla allora, le promise che tornato che fusse da Firenze, dove allora per suoi bisogni er
ato nell’altre cose, tanto spendeva volentieri - ma con più risparmio che poteva - nelle cose di pittura e di scultura, del
, gli fece fare il ritratto di sé e della sua donna in quella maniera che si veggiono appresso Giovan Battista suo figliuol
era che si veggiono appresso Giovan Battista suo figliuolo nella casa che detto Agnolo edificò bella e comodissima in Firen
a Domenico Canigiani, in un quadro, la Nostra Donna con il putto Gesù che fa festa a un San Giovannino pòrtogli da Santa El
o Gesù che fa festa a un San Giovannino pòrtogli da Santa Elisabetta, che mentre lo sostiene con prontezza vivissima guarda
quella vecchia, quasi maravigliandosi e lodandone la grandezza di Dio che così attempata avesse un sì picciol figliuolo; e
i Dio che così attempata avesse un sì picciol figliuolo; e tutti pare che stupischino del vedere con quanto senno in quella
ore nelle teste, nelle mani e ne’ piedi sono anzi pennellate di carne che tinta di maestro che faccia quell’arte. Questa no
e mani e ne’ piedi sono anzi pennellate di carne che tinta di maestro che faccia quell’arte. Questa nobilissima pittura è o
issima pittura è oggi appresso gl’eredi del detto Domenico Canigiani, che la tengono in quella stima che merita un’opera di
gl’eredi del detto Domenico Canigiani, che la tengono in quella stima che merita un’opera di Raffaello da Urbino. Studiò qu
pittore nella città di Firenze le cose vecchie di Masaccio, e quelle che vide nei lavori di Lionardo e di Michelagnolo lo
portato a sotterrare, condotto con tanta freschezza e sì fatto amore, che a vederlo pare fatto pur ora. Immaginossi Raffael
ora. Immaginossi Raffaello nel componimento di questa opera il dolore che hanno i più stretti et amorevoli parenti nel ripo
a Fiorenza, gli fu dai Dei, cittadini fiorentini, allogata una tavola che andava alla cappella dell’altar loro in Santo Spi
ò, e la bozza a bonissimo termine condusse. Et intanto fece un quadro che si mandò in Siena, il quale nella partita di Raff
mase a Ridolfo del Ghirlandaio, perch’egli finisse un panno az[z]urro che vi mancava. E questo avvenne perché Bramante da U
ch’aveva con Raffaello e per essere di un paese medesimo, gli scrisse che aveva operato col Papa, il quale aveva fatto fare
e in quelle mostrar il valor suo. Piacque il partito a Raffaello; per che lasciate l’opere di Fiorenza e la tavola dei Dei
e l’opere di Fiorenza e la tavola dei Dei non finita, ma in quel modo che poi la fece porre messer Baldassarre da Pescia ne
morte di Raffaello, si trasferì a Roma. Dove giunto Raffaello, trovò che gran parte delle camere di palazzo erano state di
uttavia si dipignevano da più maestri; e così stavano come si vedeva, che ve n’era una che da Pietro della Francesca vi era
evano da più maestri; e così stavano come si vedeva, che ve n’era una che da Pietro della Francesca vi era una storia finit
o molte figure, le quali la maggior parte erano ritratti di naturale, che erano tenuti bellissimi. Laonde Raffaello, nella
astrologia con la teologia, dove sono ritratti tutti i savî del mondo che disputano in varî modi. Sonvi in disparte alcuni
mondo che disputano in varî modi. Sonvi in disparte alcuni astrologi che hanno fatto figure sopra certe tavolette e caratt
zza a ghiacere in su le scalèe, figura molto considerata et astratta, che per la sua bellezza e per lo suo abito così aùcca
osofi. Né si può esprimere la bellezza di quelli astrologi e geometri che disegnano con le seste in su le tavole moltissime
iglia e china la testa, è il ritratto di Federigo II duca di Mantova, che si trovava allora in Roma. Èvvi similmente una fi
di Mantova, che si trovava allora in Roma. Èvvi similmente una figura che , chinata a terra, con un paio di seste in mano le
e gira sopra le tavole, la quale dicono essere Bramante architettore, che egli non è men desso che se e’ fusse vivo, tanto
a quale dicono essere Bramante architettore, che egli non è men desso che se e’ fusse vivo, tanto è ben ritratto. E allato
sso che se e’ fusse vivo, tanto è ben ritratto. E allato a una figura che volta il didietro et ha una palla del cielo in ma
la berretta nera in capo. Né si può esprimere la bellezza e la bontà che si vede nelle teste e figure de’ Vangelisti, a’ q
rta attenzione et accuratezza molto naturale, e massimamente a quelli che scrivono. E così fece dietro ad un San Matteo, me
te a quelli che scrivono. E così fece dietro ad un San Matteo, mentre che egli cava di quelle tavole dove sono le figure i
vole dove sono le figure i caratteri tenu[II. 70]teli da uno Angelo e che le distende in sun un libro, un vecchio che, mess
. 70]teli da uno Angelo e che le distende in sun un libro, un vecchio che , messosi una carta in sul ginocchio, copia tanto
ta in sul ginocchio, copia tanto quanto San Matteo distende, e mentre che sta attento in quel disagio, pare che egli torca
o San Matteo distende, e mentre che sta attento in quel disagio, pare che egli torca le mascella e la testa secondo che egl
o in quel disagio, pare che egli torca le mascella e la testa secondo che egli allarga et allunga la penna. E oltra le minu
allarga et allunga la penna. E oltra le minuzie delle considerazioni, che son pure assai, vi è il componimento di tutta la
razioni, che son pure assai, vi è il componimento di tutta la storia, che certo è spartito tanto con ordine e misura che eg
to di tutta la storia, che certo è spartito tanto con ordine e misura che egli mostrò veramente un sì fatto saggio di sé, c
n ordine e misura che egli mostrò veramente un sì fatto saggio di sé, che fece conoscere che egli voleva, fra coloro che to
he egli mostrò veramente un sì fatto saggio di sé, che fece conoscere che egli voleva, fra coloro che toccavano i pennelli,
sì fatto saggio di sé, che fece conoscere che egli voleva, fra coloro che toccavano i pennelli, tenere il campo senza contr
spettiva e di molte figure, finite con tanto delicata e dolce maniera che fu cagione che papa Giulio facesse buttare aùtter
olte figure, finite con tanto delicata e dolce maniera che fu cagione che papa Giulio facesse buttare aùtterra tutte le sto
re aùtterra tutte le storie degli altri maestri e vecchi e moderni, e che Raffaello solo avesse il vanto di tutte le fatich
i e moderni, e che Raffaello solo avesse il vanto di tutte le fatiche che in tali opere fussero state fatte sino a quell’or
l partimento di quella e delle grottesche; e dove erano alcuni tondi, che son quattro, fece per ciascuno una figura del sig
ve egli aveva dipinto la filosofia e l’astrologia, geometria e poesia che si accordano con la teologia, v’è una femmina fat
mmina fatta per la Cognizione delle cose, la quale siede in una sedia che ha per reggimento da ogni banda una dea Cibele, c
r reggimento da ogni banda una dea Cibele, con quelle tante poppe con che dagli antichi era figurata Diana Polimaste; e la
utti veramente bellissimi. In un altro tondo, vòlto verso la finestra che guarda in Belvedere, è finta Poesia, la quale è i
mortale, sta elevata con gl’occhi al cielo, accompagnandola due putti che sono vivaci e pronti, e che insieme con essa fann
occhi al cielo, accompagnandola due putti che sono vivaci e pronti, e che insieme con essa fanno varî componimenti e con le
, sopra la già detta finestra, il monte di Parnaso. Nell’altro tondo, che è fatto sopra la storia dove i santi Dottori ordi
ia con libri et altre cose attorno, co’ medesimi putti, non men bella che l’altre. E sopra l’altra finestra ch’è volta nel
stizia con le sue bilance e la spada inalberata, con i medesimi putti che a l’altre, di somma bellezza, per aver egli nella
ngiare del pomo; e in quella dove è la Astrologia, vi è ella medesima che pone le stelle fisse e l’erranti a’ luoghi loro;
ato. Ma finita oramai la volta, cioè il cielo di quella stanza, resta che noi raccontiamo quello che e’ fece faccia per fac
lta, cioè il cielo di quella stanza, resta che noi raccontiamo quello che e’ fece faccia per faccia appiè delle cose dette
nella aria una infinità di Amori ignudi con bellissime arie di viso, che colgono rami di lauro e ne fanno ghirlande, e que
o ghirlande, e quelle spargano e gettano per il monte; nel quale pare che spiri veramente un fiato di divinità nella bellez
cose di pittura a parere vive, sì come sono anco vivissimi que’ poeti che si veggono sparsi per il monte, chi ritti, chi a
et altri cantando o favoleggiando insieme, a quattro, a sei, secondo che gli è parso di scompartigli. Sonvi ritratti di na
vi ritratti di naturale tutti i più famosi et antichi e moderni poeti che furono e che erano fino al suo tempo, i quali fur
i naturale tutti i più famosi et antichi e moderni poeti che furono e che erano fino al suo tempo, i quali furono cavati pa
da medaglie e molti da pitture vecchie, et ancora di naturale mentre che erano vivi da lui medesimo. E per cominciarmi da
uivi è Ovidio, Virgilio, Ennio, Tibullo, Catullo, Properzio et Omero, che cieco, con la testa elevata cantando versi, ha a’
mero, che cieco, con la testa elevata cantando versi, ha a’ piedi uno che gli scrive; vi sono poi tutte in un gruppo le nov
ve Muse et Appollo, con tanta bellezza d’arie e divinità nelle figure che grazia e vita spirano ne’ fiati loro; èvvi la dot
t il divinissimo Dante, il leggiadro Petrarca e lo amoroso Boccaccio, che vivi vivi sono, il Tibaldeo similmente et infinit
li Apostoli e gli Evangelisti, e’ Martiri su le nugole, con Dio Padre che sopra tutti manda lo Spirito Santo e massimamente
nda lo Spirito Santo e massimamente sopra un numero infinito di Santi che sotto scrivono la messa, e sopra l’ostia che è su
numero infinito di Santi che sotto scrivono la messa, e sopra l’ostia che è sullo altare disputano; fra i quali sono i quat
lo altare disputano; fra i quali sono i quattro Dottori della Chiesa, che intorno hanno infiniti Santi: èvvi Domenico, Fran
i, et infiniti ritratti di naturale; e in aria sono quattro fanciulli che tengono aperti gli Evangeli. Delle quali figure n
, avvengaché nell’aria e in cerchio son figurati que’ Santi a sedere, che nel vero, oltra al parer vivi di colori, scortano
l vero, oltra al parer vivi di colori, scortano di maniera e sfuggono che non altrimenti farebbono s’e’ fussino di rilievo:
sfuggono che non altrimenti farebbono s’e’ fussino di rilievo: oltra che sono vestiti diversamente con bellissime pieghe d
ente con bellissime pieghe di panni, e l’arie delle teste più celesti che umane, come si vede in quella di Cristo, la quale
e in quella di Cristo, la quale mostra quella clemenza e quella pietà che può mostrare agli uomini mortali divinità di cosa
mostrare agli uomini mortali divinità di cosa dipinta. Con ciò fusse che Raffaello ebbe questo dono dalla natura, di far l
e dolcissime e graziosissime, come ancora ne fa fede la Nostra Donna, che messesi le mani al petto, guardando e contempland
messesi le mani al petto, guardando e contemplando il Figliuolo, pare che non possa dinegar grazia: senzaché egli riservò u
una certa curiosità et uno affanno nel voler trovare il certo di quel che stanno in dubbio, faccendone segno col disputare
n lo stupire in molte diverse maniere, certo variate e proprie: salvo che i quattro Dottori della Chiesa, che illuminati da
e, certo variate e proprie: salvo che i quattro Dottori della Chiesa, che illuminati dallo Spirito Santo snodano e risolvon
dano e risolvono con le Scritture sacre tutte le cose degli Evangeli, che sostengono que’ putti che gli hanno in mano volan
ritture sacre tutte le cose degli Evangeli, che sostengono que’ putti che gli hanno in mano volando per l’aria. Fece nell’a
nell’altra faccia, dove è l’altra finestra, da una parte Giustiniano che dà le leggi ai dottori che le corregghino, e sopr
l’altra finestra, da una parte Giustiniano che dà le leggi ai dottori che le corregghino, e sopra la Temperanza, la Fortezz
Temperanza, la Fortezza e la Prudenza. Dall’altra parte fece il Papa che dà le decretali canoniche, et in detto Papa ritra
se papa Giulio di naturale, Giovanni cardinale de’ Medici assistente, che fu papa Leone, Antonio cardinale di Monte, et Ale
a Leone, Antonio cardinale di Monte, et Alessandro Farnese cardinale, che fu poi papa Paulo Terzo, con altri ritratti. Rest
al Papa grandissima grazia, premio et onore gli acquistarono. E certo che in tal magisterio mai non fu più nessuno più vale
al magisterio mai non fu più nessuno più valente di disegno e d’opera che fra’ Giovanni, come ne fa fede ancora in Verona s
lla cappella di Paolo da Tolosa il coro lavorato dal medesimo; per il che meritò che dalla Religion sua fosse stimato e con
a di Paolo da Tolosa il coro lavorato dal medesimo; per il che meritò che dalla Religion sua fosse stimato e con grandissim
ersona veramente eccellente e rara, ho voluto far menzione, parendomi che così meritasse la sua virtù, la quale fu cagione,
commissione del Papa la camera seconda verso la sala grande; et egli, che nome grandissimo aveva acquistato, ritrasse in qu
in questo tempo papa Giulio in un quadro a olio, tanto vivo e verace che faceva temere il ritratto a vederlo come se propr
questo tempo, dentrovi la Natività di Iesu Cristo, dove è la Vergine che con un velo cuopre il Figliuolo, il quale è di ta
ine che con un velo cuopre il Figliuolo, il quale è di tanta bellezza che nell’aria della testa e per tutte le membra dimos
in lei, oltra la somma bellezza, allegrezza e pietà; èvvi un Giuseppo che , appoggiando ambe le mani ad una mazza, pensoso i
istato in Ro[II. 73]ma Rafaello in questi tempi molta fama; et ancora che egli avesse la maniera gentile, da ognuno tenuta
i avesse la maniera gentile, da ognuno tenuta bellissima, e con tutto che egli avesse veduto tante anticaglie in quella cit
e con tutto che egli avesse veduto tante anticaglie in quella città e che egli studiasse continovamente, non aveva però per
per questo. dato ancora alle sue figure una certa grandezza e maestà che e’ diede loro da qui avanti. Avenne adunque in qu
aestà che e’ diede loro da qui avanti. Avenne adunque in questo tempo che Michelagnolo fece al Papa nella cappella quel rom
o che Michelagnolo fece al Papa nella cappella quel romore e paura di che parleremo nella Vita sua, onde fu sforzato fuggir
arleremo nella Vita sua, onde fu sforzato fuggirsi a Fiorenza; per il che avendo Bramante la chiave della capella, a Rafael
a chiave della capella, a Rafaello, come amico, la fece vedere, acciò che i modi di Michele Agnolo comprendere potesse. Ond
modi di Michele Agnolo comprendere potesse. Onde tal vista fu cagione che in Santo Agostino, sopra la Santa Anna di Andrea
ansovino in Roma, Rafaello sùbito rifacesse di nuovo lo Esaia profeta che ci si vede, che digià lo aveva finito; nella qual
, Rafaello sùbito rifacesse di nuovo lo Esaia profeta che ci si vede, che digià lo aveva finito; nella quale opera, per le
igliorò et ingrandì fuor di modo la maniera e diedele più maestà; per che nel veder poi Michele Agnolo l’opera di Raffaello
stà; per che nel veder poi Michele Agnolo l’opera di Raffaello, pensò che Bramante, com’era vero, gli avesse fatto quel mal
vorata in fresco della maniera nuova, alquanto più magnifica e grande che non era la prima. Figurò Raffaello in questa pitt
ande che non era la prima. Figurò Raffaello in questa pittura, avanti che la cappella di Michelagnolo si discoprisse public
se publicamente, avendola nondimeno veduta, alcuni Profeti e Sibille, che nel vero delle sue cose è tenuta la miglior[e] e
e fra le tante belle bellissima, perché nelle femine e nei fanciulli che vi sono si vede grandissima vivacità e colorito p
grandemente vivo e morto, per essere la più rara et eccellente opera che Raffaello facesse in vita sua. Poi, stimolato da’
Donna è una umiltà e modestia veramente da madre di Cristo, et oltre che il Putto con bella attitudine scherza col manto d
ella Madre, si conosce nella figura del San Giovanni quella penitenza che suole fare il digiuno, e nella testa si scorge un
rge una sincerità d’animo et una prontezza di sicurtà, come in coloro che lontani dal mondo lo sbeffano, e nel praticare il
a con gli occhi alla Nostra Donna, tutta contemplativa, ne’ quali par che ci accenni tutta quella dottrina e sapienzia che
ativa, ne’ quali par che ci accenni tutta quella dottrina e sapienzia che egli scrivendo mostrò nelle sue carte, offerendo
o di raccomandarlo: il qual cameriero nel suo ritratto è non men vivo che si sia dipinto. Né mancò Raffaello fare il medesi
della pittu[II. 74]ra, la quale nel lineamento e nel colorito mostra che e’ si strugga di affezzione, pigliando conforto e
affaello un putto ritto in mezzo della tavola, sotto la Nostra Donna, che alza la testa verso lei e tiene uno epitaffio, ch
o la Nostra Donna, che alza la testa verso lei e tiene uno epitaffio, che di bellezza di volto e di corrispondenza della pe
ndenza della persona non si può fare né più grazioso né meglio, oltre che v’è un paese che in tutta perfezzione è singulare
ona non si può fare né più grazioso né meglio, oltre che v’è un paese che in tutta perfezzione è singulare e bellissimo. Da
ria del miracolo del Sacramento del Corporale d’Orvieto, o di Bolsena che eglino se ‘l chiamino; nella quale storia si vede
he eglino se ‘l chiamino; nella quale storia si vede al prete, mentre che dice messa, nella testa infocata di rosso la verg
ete, mentre che dice messa, nella testa infocata di rosso la vergogna che egli aveva nel veder per la sua incredulità fatto
der per la sua incredulità fatto liquefar l’ostia in sul corporale, e che spaventato negli occhi e fuor di sé, smarrito nel
si conosce nell’attitudine delle mani quasi il tremito e lo spavento che si suole in simili casi avere. Fecevi Raffaello i
pa, e tanto ne’ maschi quanto nelle femmine; fra le quali ve n’ha una che a piè della storia da basso siede in terra tenend
in terra tenendo un putto in collo, la quale sentendo il ragionamento che mostra un’altra di dirle del caso successo al pre
dirle del caso successo al prete, maravigliosamente si storce mentre che ella ascolta ciò, con una grazia donnesca molto p
a donnesca molto propria e vivace. Finse dall’altra banda papa Giulio che ode quella messa, cosa maravigliosissima, dove ri
t infiniti; e nel rotto della finestra accomodò una salita di scalèe, che la storia mostra intera: anzi pare che, se il van
accomodò una salita di scalèe, che la storia mostra intera: anzi pare che , se il vano di quella finestra non vi fosse, quel
a non sarebbe stata punto bene. Laonde veramente si gli può dar vanto che nelle invenzioni dei componimenti, di che storie
amente si gli può dar vanto che nelle invenzioni dei componimenti, di che storie si fossero, nessuno già mai più di lui nel
rode in prigione è guardato dagli armati, dove tanta è l’architettura che ha tenuto in tal cosa e tanta la discrezione nel
nuto in tal cosa e tanta la discrezione nel casamento della prigione, che invero gli altri appresso a lui hanno più di conf
elle carcere e vivacissimamente risplendere l’armi di coloro, in modo che i lustri paiono bruniti più che se fussino veriss
risplendere l’armi di coloro, in modo che i lustri paiono bruniti più che se fussino verissimi e non dipinti. Né meno arte
ll’Angelo, dove mostra nel viso San Piero più tosto d’essere un sogno che visibile; come ancora si vede terrore e spavento
he visibile; come ancora si vede terrore e spavento in altre guardie, che armate fuor della prigione sentono il romore de l
insieme la luce viva con quella dipinta co’ diversi lumi della notte, che ti par vedere il fumo della torcia, lo splendor d
r dell’Angelo, con le scure tenebre della notte sì naturali e sì vere che non diresti mai che ella fussi dipinta, avendo es
e scure tenebre della notte sì naturali e sì vere che non diresti mai che ella fussi dipinta, avendo espresso tanto propria
si e le fumosità del calor de’ lumi, lavorati con ombra sì abbacinata che invero si può dire che egli fosse il maestro degl
lor de’ lumi, lavorati con ombra sì abbacinata che invero si può dire che egli fosse il maestro degli altri; e per cosa che
invero si può dire che egli fosse il maestro degli altri; e per cosa che contrafaccia la notte, più simile di quante la pi
il culto divino e l’arca degli Ebrei et il candelabro, e papa Giulio che caccia l’avarizia della Chiesa: storia di bellezz
sopra; nella quale storia si veggono alcuni ritratti di palafrenieri che vivevano allora, i quali in su la sedia portano p
su la sedia portano papa Giulio veramente vivissimo; al quale mentre che alcuni popoli e femmine fanno luogo perché e’ pas
con attitudine ferocissima urta e percuote il superbissimo Eliodoro, che per comandamento d’Antioco vuole spogliare il tem
edove e de’ pupilli: e già si vede lo sgombro delle robbe et i tesori che andavano via, ma per la paura del nuovo accidente
idente di Eliodoro abbattuto e percosso aspramente dai tre predetti - che per essere ciò visione, da lui solamente sono ved
re per terra, cadendo chi gli portava per un sùbito orrore e spavento che era nato in tutte le genti di Eliodoro. Et appart
o ferventissimamente orare, afflitto per la compassione de’ poverelli che quivi perdevano le cose loro, et allegro per quel
erelli che quivi perdevano le cose loro, et allegro per quel soccorso che dal ciel sente sopravenuto. Veggonsi oltra ciò, p
are a vedere; et un popolo tutto attonito in diverse e varie maniere, che aspetta il successo di questa cosa. E fu questa o
o di questa cosa. E fu questa opera tanto stupenda in tutte le parti, che anco i cartoni sono tenuti in grandissima veneraz
do da se medesimo opera al disegno et alla pittura, ha dipinto quadri che sono stati molto lodati dagli intendenti dell’art
ni et alcuni rilievi di marmo antichi, alcuni pezzi del detto cartone che fece Raffaello per questa istoria d’Eliodoro, e g
Raffaello per questa istoria d’Eliodoro, e gli tiene in quella stima che veramente meritano. Né tacerò che messer Niccolò
iodoro, e gli tiene in quella stima che veramente meritano. Né tacerò che messer Niccolò Masini, il quale mi ha di queste c
stre arti veramente amatore. Ma tornando a Raffaello, nella volta poi che vi è sopra fece quattro.storie: l’apparizione di
è, nella quale non si conosce meno arte, invenzione, disegno e grazia che nelle altre cose lavorate di lui. Mentre che la f
nzione, disegno e grazia che nelle altre cose lavorate di lui. Mentre che la felicità di questo artefice faceva di sé tante
e d’ogni cosa buona. Laonde fu poi creato Leon Decimo, il quale volle che tale opera si seguisse; e Raffaello ne salì con l
quale per eredità di casa sua era molto inclinato a tale arte. Per il che Raffaello si mise in cuore di seguire tale opera,
fece la venuta d’Atila a Roma, e lo incontrarlo appiè di Monte Mario che fece Leon III pontefice, il quale lo cacciò con l
in questa storia San Pietro e San Paulo in aria con le spade in mano che vengono a difender la Chiesa: e se bene la storia
capriccio suo volse figurarla forse così, come interviene molte volte che così le pitture come le poesie vanno vagando per
ndimento. Vedesi in quegli Apostoli quella fierezza et ardire celeste che suole il giudizio divino molte volte mettere nel
Sonovi altri cavalli bellissimi, e massimamente un gianetto macchiato che è cavalcato da una figura, la quale ha tutto lo i
, la quale ha tutto lo ignudo coperto di scaglie a guisa di pesce: il che è ritratto da la colonna Traiana, nella quale son
ma ch’elle siano arme fatte di pelle di coccodrilli. Èvvi Monte Mario che abrucia, mostrando che nel fine della partita de’
atte di pelle di coccodrilli. Èvvi Monte Mario che abrucia, mostrando che nel fine della partita de’ soldati gli aloggiamen
pre in preda alle fiamme. Ritrasse ancora di naturale alcuni mazzieri che accompagnano il Papa, i quali son vivissimi; e co
son sopra, et il simile la corte de’ cardinali et alcuni palafrenieri che tengono la chinea, sopra cui è a cavallo in ponti
a chinea, sopra cui è a cavallo in pontificale, ritratto non men vivo che gli altri, Leon X e molti cortigiani: cosa leggia
in tale opera, et utilissima a l’arte nostra, massimamente per quegli che di tali cose son digiuni. In questo medesimo temp
la quale fu posta in San Domenico nella cappella dove è il Crocifisso che parlò a San Tomaso d’Aquino: dentro vi è la Nostr
r Leonello da Carpi signor di Meldola, il quale ancor vive di età più che novanta anni, il quale fu miracolosissimo di colo
, attesoché egli è condotto di forza e d’una vaghezza tanto leggiadra che io non penso che e’ si possa far meglio, vedendos
è condotto di forza e d’una vaghezza tanto leggiadra che io non penso che e’ si possa far meglio, vedendosi nel viso della
viso della Nostra Donna una divinità e ne la attitudine una modestia che non è possibile migliorarla. Finse che ella a man
ne la attitudine una modestia che non è possibile migliorarla. Finse che ella a man giunte adori il Figliuolo che le siede
possibile migliorarla. Finse che ella a man giunte adori il Figliuolo che le siede in su le gambe, facendo carezze a San Gi
cardinale di Santi Quattro, sommo penitenziere, ebbe grazia con esso che egli facesse per San Giovanni in Monte di Bologna
mani di Raffaello potesse insieme con l’arte. Èvvi una Santa Cecilia che da un coro in cielo d’Angeli abbagliata, sta a ud
a in preda alla armonia, e si vede nella sua testa quella astrazzione che si vede nel viso di coloro che sono in estasi; ol
ede nella sua testa quella astrazzione che si vede nel viso di coloro che sono in estasi; oltra che sono sparsi per terra i
astrazzione che si vede nel viso di coloro che sono in estasi; oltra che sono sparsi per terra instrumenti musici che non
he sono in estasi; oltra che sono sparsi per terra instrumenti musici che non dipinti ma vivi e veri si conoscono, e similm
di seta, e sotto quelli un ciliccio maraviglioso. E in un San Paulo, che ha posato il braccio destro in su la spada ignuda
mano, si vede non meno espressa la considerazione della sua scienzia che l’aspetto della sua fierezza conversa in gravità;
tto quello, alla apostolica, e scalzo. Èvvi poi Santa Maria Maddalena che tiene in mano un vaso di pietra finissima, in un
issimo, e svoltando la testa par tutta allegra della sua conversione, che certo in quel genere penso che meglio non si pote
r tutta allegra della sua conversione, che certo in quel genere penso che meglio non si potesse fare: e così sono anco bell
le teste di Santo Agostino e di San Giovanni Evangelista. E nel vero che l’altre pitture, pitture nominare si possono, ma
battono i sensi alle figure sue e vivacità viva vi si scorge; per il che questo li diede, oltra le lodi che aveva, più nom
vivacità viva vi si scorge; per il che questo li diede, oltra le lodi che aveva, più nome assai. Laonde furono però fatti a
i, de’ quali metterò questi soli per non far più lunga storia di quel che io mi abbi fatto: Pingant sola alii referantque c
tto figurato per la terra, non meno raro e bello nella sua piccolezza che sieno l’altre cose sue nelle grandezze loro. A Ve
ora Santa Anna, anzi tutta l’opera, la quale non si può meglio lodare che dicendo che è di mano di Raffaello da Urbino: ond
na, anzi tutta l’opera, la quale non si può meglio lodare che dicendo che è di mano di Raffaello da Urbino: onde que’ conti
l’hanno in somma venerazione, né l’hanno mai, per grandissimo prezzo che sia stato loro offerto da molti principi, a niuno
cederla. Et a Bindo Altoviti fece il ritratto suo quando era giovane, che è tenuto stupendissimo; e similmente un quadro di
e, che è tenuto stupendissimo; e similmente un quadro di Nostra Donna che egli mandò a Fiorenza: il qual quadro è oggi nel
Figliuolo, di tanta bellezza ne l’ignudo e nelle fat[t]ezze del volto che nel suo ridere rallegra chiunque lo guarda; senza
senzaché Raffaello mostrò nel dipignere la Nostra Donna tutto quello che di bellezza si può fare nell’aria di una Vergine,
ore, nel naso grazia e nella bocca virtù, senzaché l’abito suo è tale che [II. 78] mostra una semplicità et onestà infinita
78] mostra una semplicità et onestà infinita: e nel vero io non penso che per tanta cosa si possa veder meglio. Èvvi un San
er campo vi è un casamento, dove egli ha finto una finestra impannata che fa lume alla stanza dove le figure son dentro. Fe
si veggono non finte ma di rilievo tonde le figure: quivi è il veluto che ha il pelo, il domasco adosso a quel Papa che suo
gure: quivi è il veluto che ha il pelo, il domasco adosso a quel Papa che suona e lustra, le pelli della fodera morbide e v
pelli della fodera morbide e vive, e gli ori e le sete contrafatti sì che non colori, ma oro e seta paiono; vi è un libro d
n colori, ma oro e seta paiono; vi è un libro di cartapecora miniato, che più vivo si mostra che la vivacità, e un campanel
paiono; vi è un libro di cartapecora miniato, che più vivo si mostra che la vivacità, e un campanello d’argento lavorato,
ù vivo si mostra che la vivacità, e un campanello d’argento lavorato, che non si può dire quanto è bello. Ma fra l’altre co
delle stanze: e sono tutte queste cose condotte con tanta diligenza, che credasi pure e sicuramente che maestro nessuno di
ste cose condotte con tanta diligenza, che credasi pure e sicuramente che maestro nessuno di questo meglio non faccia né ab
i questo meglio non faccia né abbia a fare. La quale opera fu cagione che il Papa di premio grande lo rimunerò; e questo qu
il duca Lorenzo e ‘l duca Giuliano, con perfezzione non più da altri che da esso dipinta nella grazia del colorito; i qual
zza fu la gloria di Raffaello accresciuta, e de premii parimente: per che , per lasciare memoria di sé, fece murare un palaz
esta d’un suo ritratto condotta da lui a guazzo su una tela di bisso, che da ogni banda mostrava parimente e senza biacca i
ni banda mostrava parimente e senza biacca i lumi trasparenti, se non che con acquerelli di colori era tinta e macchiata, e
a campato i chiari: la quale cosa parve maravigliosa a Raffaello; per che egli gli mandò molte carte disegnate di man sua,
elle stampe d’Alberto Durero, volonteroso ancor egli di mostrare quel che in tale arte poteva, fece studiare Marco Antonio
se in questa pratica infinitamente; il quale riuscì tanto eccellente, che gli fece stampare le prime cose sue: la carta deg
affaello amò sino alla morte, e di quella fece un ritratto bellissimo che pareva viva viva, il quale è oggi in Fiorenza app
a e massimamente dei pittori, tenuta da lui come reliquia per l’amore che egli porta all’arte e particularmente a Raffaello
l’opere dell’arte nostra e gli artefici il fratello suo Simon Botti, che oltra lo esser tenuto da tutti noi [II. 79] per u
oltra lo esser tenuto da tutti noi [II. 79] per uno de’ più amorevoli che faccino beneficio agli uomini di queste professio
è da me particulare tenuto e stimato per il migliore e maggiore amico che si possa per lunga esperienza aver caro, oltra al
che si possa per lunga esperienza aver caro, oltra al giudicio buono che egli ha e mostra nelle cose dell’arte. Ma per tor
per tornare alle stampe, il favorire Raffaello il Baviera fu cagione che si destasse poi Marco da Ravenna et altri infinit
si destasse poi Marco da Ravenna et altri infiniti, per sì fatto modo che le stampe in rame fecero de la carestia loro quel
to modo che le stampe in rame fecero de la carestia loro quella copia che al presente veggiamo; per che Ugo da Carpi con be
fecero de la carestia loro quella copia che al presente veggiamo; per che Ugo da Carpi con belle invenzioni, avendo il cerv
vello vòlto a cose ingegnose e fantastiche, trovò le stampe di legno, che con tre stampe possono il mez[z]o, il lume e l’om
aria dello Spasmo, de’ frati di Monte Oliveto, una tavola d’un Cristo che porta la croce, la quale è tenuta cosa maraviglio
cosa maravigliosa, conoscendosi in quella la impietà de’ crocifissori che lo conducono alla morte al monte Calvario con gra
della croce e bagnato di sudore e di sangue, si volta verso le Marie, che piangono dirot[t]issimamente. Oltre ciò si vede f
che piangono dirot[t]issimamente. Oltre ciò si vede fra loro Veronica che stende le braccia porgendoli un panno, con uno af
n condotta ancora al suo luogo, fu vicinissima a capitar male, perciò che , secondo che e’ dicono, essendo ella messa in mar
cora al suo luogo, fu vicinissima a capitar male, perciò che, secondo che e’ dicono, essendo ella messa in mare per essere
ata in Palermo, una orribile tempesta percosse ad uno scoglio la nave che la portava, di maniera che tutta si aperse, e si
e tempesta percosse ad uno scoglio la nave che la portava, di maniera che tutta si aperse, e si perderono gli uomini e le m
perderono gli uomini e le mercanzie, eccetto questa tavola solamente, che così incassata come era fu portata dal mare in qu
, essendosi mantenuta illesa e senza macchia o difetto alcuno, perciò che sino alla furia de’ venti e l’onde del mare ebbon
vulgandosi poi la fama, procacciarono i monaci di riaverla, et appena che con favori del Papa ella fu renduta loro, che sat
di riaverla, et appena che con favori del Papa ella fu renduta loro, che satisfecero, e bene, coloro che l’avevano salvata
favori del Papa ella fu renduta loro, che satisfecero, e bene, coloro che l’avevano salvata. Rimbarcatala dunque di nuovo e
cilia, la posero in Palermo, nel qual luogo ha più fama e riputazione che ‘l monte di Vulcano. Mentre che Raffaello lavorav
qual luogo ha più fama e riputazione che ‘l monte di Vulcano. Mentre che Raffaello lavorava queste opere, le quali non pot
ncare di fare, avendo a servire per persone grandi e segnalate, oltra che ancora per qualche interesse particulare non pote
teva disdire, non restava però con tutto questo di seguitare l’ordine che egli aveva cominciato de le camere del Papa e de
re del Papa e de le sale, nelle quali del continuo teneva delle genti che con i disegni suoi medesimi gli tiravano innanzi
uamente rivedendo ogni cosa, suppliva con tutti quelli aiuti migliori che egli più poteva ad un peso così fatto. Non passò
ori che egli più poteva ad un peso così fatto. Non passò dunque molto che egli scoperse la camera di torre Borgia, nella qu
le libere. Era in una lo incendio di Bo[r]go Vec[II. 80]chio di Roma, che non possendosi spegnere il fuoco, San Leone IIII
a si veggiono diversi pericoli figurati. Da una parte vi sono femmine che dalla tempesta del vento, mentre elle portano acq
ggirati loro i capegli et i panni con una furia terribilissima; altri che si studiano buttare aqua, accecati dal fummo non
ognoscono se stessi. Dall’altra parte v’è figurato, nel medesimo modo che Vergilio descrive che Anchise fu portato da Enea,
all’altra parte v’è figurato, nel medesimo modo che Vergilio descrive che Anchise fu portato da Enea, un vecchio ammalato,
onato adosso a quel giovane; séguitalo una vecchia scalza e sfibbiata che viene fuggendo il fuoco, et un fanciulletto gnudo
rabbuffata, la quale avendo il figliuolo in mano, lo getta ad un suo che è campato dalle fiame e sta nella strada in punta
meno si conosce in lei l’affetto del cercare di campare il figliuolo che il patire di sé nel pericolo dello ardentissimo f
l figliuolo che il patire di sé nel pericolo dello ardentissimo fuoco che la avvampa; né meno passione si scorge in colui c
rdentissimo fuoco che la avvampa; né meno passione si scorge in colui che lo piglia per cagione d’esso putto che per cagion
no passione si scorge in colui che lo piglia per cagione d’esso putto che per cagion del proprio timor della morte. Né si p
per cagion del proprio timor della morte. Né si può esprimere quello che si imaginò questo ingegnosissimo e mirabile artef
che si imaginò questo ingegnosissimo e mirabile artefice in una madre che , messosi i figlioli innanzi, scalza, sfibbiata, s
perché e’ fugghino dalla rovina e da quello incendio del fuoco. Oltre che vi sono ancor alcune femmine, che inginocchiate d
da quello incendio del fuoco. Oltre che vi sono ancor alcune femmine, che inginocchiate dinanzi al Papa pare che prieghino
vi sono ancor alcune femmine, che inginocchiate dinanzi al Papa pare che prieghino Sua Santità che faccia che tale incendi
ine, che inginocchiate dinanzi al Papa pare che prieghino Sua Santità che faccia che tale incendio finisca. L’altra storia
ginocchiate dinanzi al Papa pare che prieghino Sua Santità che faccia che tale incendio finisca. L’altra storia è del medes
III, dove ha finto il porto di Ostia occupato da una armata di Turchi che era venuta per farlo prigione. Veggonvisi i Crist
ttere in mare l’armata, e già al porto esser venuti prigioni infiniti che d’una barca escano tirati da certi soldati per la
n una differenza di abiti da galeotti sono menati innanzi a S. Leone, che è figurato e ritratto per papa Leone X: dove fece
co, cioè Bernardo Divizio da Bibbiena, e Giulio de’ Medici cardinale, che fu poi papa Clemente. Né si può contare minutissi
papa Clemente. Né si può contare minutissimamente le belle avvertenze che usò questo ingegnosissimo artefice nelle arie de’
a reale; dove, oltra il numero de’ cardinali e vescovi in pontificale che ministrano, vi ritrasse molti ambasciatori et alt
one di naturale, e così certe figure con abiti alla franzese, secondo che si usava in quel tempo. Nell’altra storia fece la
o ritratti di naturale, l’uno armato e l’altro pontificalmente, oltra che tutti i cardinali, vescovi, camerieri, scudieri,
ini vescovo di Troia, amicissimo di Raffaello, e molti [II. 81] altri che furono segnalati in quel tempo; e vicino al re è
furono segnalati in quel tempo; e vicino al re è un putto ginocchioni che tiene la corona reale, che fu ritratto Ipolyto de
mpo; e vicino al re è un putto ginocchioni che tiene la corona reale, che fu ritratto Ipolyto de’ Medici, che fu poi cardin
chioni che tiene la corona reale, che fu ritratto Ipolyto de’ Medici, che fu poi cardinale e vicecancelliere, tanto pregiat
le cose di questo artefice, ché invero ogni cosa nel suo silenzio par che favelli; oltra i basamenti fatti sotto a queste c
iesa, messi in mezzo da varii termini, e condotto tutto d’una maniera che ogni cosa mostra spirto et affetto e considerazio
ione, con quella concordanzia et unione di colorito l’una con l’altra che migliore non si può imaginare. E perché la volta
e per l’affezzione ch’e’ gli portava, sendo stato principio del grado che egli teneva in tal virtù. Era tanta la grandezza
che egli teneva in tal virtù. Era tanta la grandezza di questo uomo, che teneva disegnatori per tutta Italia, a Pozzuolo e
ta Italia, a Pozzuolo e fino in Grecia; né restò d’avere tutto quello che di buono per questa arte potesse giovare. Per che
’avere tutto quello che di buono per questa arte potesse giovare. Per che seguitando egli ancora, fece una sala, dove di te
uale per contrafare animali è unico, fece in ciò tutti quegli animali che papa Leone aveva: il cameleonte, i zibetti, le sc
pagalli, i lioni, i liofanti et altri animali più stranieri. Et oltre che di grottesche e vari pavimenti egli tal palazzo a
quello, e seguite poi col nuovo disegno et architettura di Raffaello, che ne fece un modello di legname con maggiore ordine
o, che ne fece un modello di legname con maggiore ordine et ornamento che non avea fatto Bramante. Per che volendo papa Leo
ame con maggiore ordine et ornamento che non avea fatto Bramante. Per che volendo papa Leone mostrare la grandezza della ma
a, Raffaello fece i disegni degli ornamenti di stucchi e delle storie che vi si dipinsero, e similmente de’ partimenti; e q
ella opera Giovanni da Udine, e sopra le figure Giulio Romano, ancora che poco vi lavorasse; così Giovanni Francesco, il Bo
io da San Gimignano e Polidoro da Caravaggio, con molti altri pittori che feciono storie e figure et altre cose che accadev
io, con molti altri pittori che feciono storie e figure et altre cose che accadevano per tutto quel lavoro: il quale fece R
to quel lavoro: il quale fece Raffaello finire con tanta perfezzione, che sino da Fiorenza fece condurre il pavimento da Lu
rsi di fare più bell’opera. E fu cagione la bellezza di questo lavoro che Raffaello ebbe carico di tutte le cose di pittura
che Raffaello ebbe carico di tutte le cose di pittura et architettura che si facevano in palazzo. Dicesi ch’era tanta la co
si facevano in palazzo. Dicesi ch’era tanta la cortesia di Raffaello, che coloro che muravano, perché egli accomodasse gli
in palazzo. Dicesi ch’era tanta la cortesia di Raffaello, che coloro che muravano, perché egli accomodasse gli amici suoi,
e; le quali buche e vani fecero indebilire i piedi della fabbrica, sì che è stato forza che si riempia dappoi, perché tutta
e vani fecero indebilire i piedi della fabbrica, sì che è stato forza che si riempia dappoi, perché tutta cominciava ad apr
per in Francia molti quadri, e particularmente per il re San Michele che combatte col Diavolo, tenuto cosa maravigliosa; n
; nella quale opera fece un sasso arsiccio per il centro della terra, che fra le fessure di quello usciva fuori alcuna fiam
carnazione di diverse tinte, si scorgeva tutte le sorti della collera che la superbia invelenita e gonfia adopera contra ch
pprovare continovamente pena. Il contrario si scorge nel San Michele, che , ancora che e’ sia fatto con aria celeste, accomp
tinovamente pena. Il contrario si scorge nel San Michele, che, ancora che e’ sia fatto con aria celeste, accompagnato dalle
con una zagaglia gettato rovescio; insomma fu sì fatta questa opera, che meritò averne da quel re onoratissimo premio. Rit
donne, e di continuo presto ai servigi loro; la qual cosa fu cagione che , continuando i diletti carnali, egli fu dagl’amic
one che, continuando i diletti carnali, egli fu dagl’amici, forse più che non conveniva, rispettato e compiaciuto. Onde fac
endere a lavorare per lo amore ch’e’ portava ad una sua donna; per il che Agostino si disperava di sorte, che per via d’alt
portava ad una sua donna; per il che Agostino si disperava di sorte, che per via d’altri e da sé e di mezzi ancora operò s
ava di sorte, che per via d’altri e da sé e di mezzi ancora operò sì, che appena ottenne che questa sua donna venne a stare
er via d’altri e da sé e di mezzi ancora operò sì, che appena ottenne che questa sua donna venne a stare con esso in casa c
sso in casa continuamente in quella parte dove Raffaello lavorava: il che fu cagione che il lavoro venisse a fine. Fece in
tinuamente in quella parte dove Raffaello lavorava: il che fu cagione che il lavoro venisse a fine. Fece in questa opera tu
razia e disegno espressi; e così fece le nozze di Psiche con ministri che servon Giove, e le Grazie che spargono i fiori pe
sì fece le nozze di Psiche con ministri che servon Giove, e le Grazie che spargono i fiori per la tavola; e ne’ peducci del
la volta fece molte storie, fra le quali in una è Mercurio col flauto che volando par che scenda dal cielo, et in un’altra
lte storie, fra le quali in una è Mercurio col flauto che volando par che scenda dal cielo, et in un’altra è Giove con grav
par che scenda dal cielo, et in un’altra è Giove con gravità celeste che bacia Ganimede; e così di sotto nell’altra il car
Ganimede; e così di sotto nell’altra il carro di Venere, e le Grazie che con Mercurio tirano al ciel Psiche, e molte altre
della volta sopra gl’archi, fra peduccio e peduccio, sono molti putti che scortano, bellissimi, i quali volando portano tut
un ricinto alle storie d’ogni sorte fiori, foglie e frutte in festoni che non possono esser più belli. Fece l’ordine delle
ne della cappella di [II. 83] Agostino sopradetto, nella quale, oltre che la dipinse, diede ordine che si facesse una marav
Agostino sopradetto, nella quale, oltre che la dipinse, diede ordine che si facesse una maravigliosa sepoltura, et a Loren
epoltura, et a Lorenzetto scultor fiorentino fece lavorar due figure, che sono ancora in casa sua al Macello de’ Corbi in R
Roma. Ma la morte di Raffaello, e poi quella di Agostino, fu cagione che tal cosa si desse a Sebastian Viniziano. Era Raff
desse a Sebastian Viniziano. Era Raffaello in tanta grandezza venuto, che Leon X ordinò che egli cominciasse la sala grande
Viniziano. Era Raffaello in tanta grandezza venuto, che Leon X ordinò che egli cominciasse la sala grande di sopra, dove so
a di far panni d’arazzi ricchissimi d’oro e di seta in filaticci; per che Raffaello fece in propria forma e grandezza di tu
nni vennero a Roma. La quale opera fu tanto miracolosamente condotta, che reca maraviglia il vederla et il pensare come sia
ato col filo morbidezza alle carni: opera certo più tosto di miracolo che d’artificio umano, perché in essi sono acque, ani
, perché in essi sono acque, animali, casamenti, e talmente ben fatti che non tessuti ma paiono veramente fatti col pennell
percosso, gli fu domandato in dono da messer Iacopo da Carpi medico, che lo guarì; e per averne egli voglia, a se medesimo
trasfigurato nel monte Tabor, e appiè di quello gli undici Discepoli che lo aspettano, dove si vede condotto un giovanetto
he lo aspettano, dove si vede condotto un giovanetto spiritato, acciò che Cristo sceso del monte lo liberi; il quale giovan
ciò che Cristo sceso del monte lo liberi; il quale giovanetto, mentre che con attitudine scontorta si prostende gridando e
e fa quel gesto forzato e pauroso. Questa figura sostiene un vecchio, che abbracciatola e preso animo, fatto gli occhi tond
tempo medesimo e forza e paura: pure mirando gli Apostoli fiso, pare che sperando in loro faccia animo a se stesso. Èvvi u
una femina fra molte, la quale è principale figura di quella tavola, che inginocchiata dinanzi a quegli, voltando la testa
o delle braccia verso lo spiritato, mostra la miseria di colui; oltra che gli Apostoli, chi ritto e chi a sedere e altri gi
e teste, oltra la bellezza straordinaria, tanto nuove, varie e belle, che si fa giudizio commune degli artefici che questa
tanto nuove, varie e belle, che si fa giudizio commune degli artefici che questa opera, fra tante quant’egli ne fece, sia l
sopra a questo monte, diminuito in una aria lucida con Mosè et Elia, che alluminati da una chiarezza di splendore si fanno
dello splendore di Cristo, il quale, vestito di colore di neve, pare che aprendo le braccia et alzando la testa mostri la
nte ristrette nella perfezzione dell’arte di Raffaello; il quale pare che tanto si restrignesse insieme con la virtù sua pe
sua per mostrare lo sforzo et il valor dell’arte nel volto di Cristo, che finitolo, come ultima cosa che a fare avesse, non
l valor dell’arte nel volto di Cristo, che finitolo, come ultima cosa che a fare avesse, non toccò più pennelli, sopragiugn
, avendo raccontate l’opere di questo eccellentissimo artefice, prima che io venga a dire altri particolari della vita e mo
io venga a dire altri particolari della vita e morte sua, non voglio che mi paia fatica discorrere alquanto per utile de’
onobbe, venuto in migliore età, esser troppo lontano dal vero: perciò che vedendo egli l’opere di Lionardo da Vinci, il qua
tto e maravigliato; et insomma piacendogli la maniera di Lionardo più che qualunche altra avesse veduta mai, si mise a stud
più, d’imitare la maniera di esso Lionardo. Ma per diligenza o studio che facesse, in alcune difficultà non poté mai passar
cune difficultà non poté mai passare Lionardo; e se bene pare a molti che egli lo passasse nella dolcezza et in una certa f
in un certo fondamento terribile di concetti e grandezza d’arte, nel che pochi sono stati pari a Lionardo: ma Raffaello se
sono stati pari a Lionardo: ma Raffaello se gli è avvicinato bene più che nessuno altro pittore, e massimamente nella grazi
llo, gli fu col tempo di grandissimo disaiuto e fatica quella maniera che egli prese di Pietro quando era giovanetto, la qu
prese agevolmente per essere minuta, secca e di poco dissegno; perciò che non potendosela dimenticare, fu cagione che con m
di poco dissegno; perciò che non potendosela dimenticare, fu cagione che con molta difficultà imparò la bellezza degl’ignu
la bellezza degl’ignudi et il modo degli scórti difficili dal cartone che fece Michelagnolo Buonarroti per la sala del Cons
lagnolo Buonarroti per la sala del Consiglio di Fiorenza: et un altro che si fusse perso d’animo, parendogli avere insino a
l tempo, non arebbe mai fatto, ancorché di bellissimo ingegno, quello che fece Raffaello; il quale smorbatosi e levatosi da
on incredibile studio di fare, essendo già uomo, in pochi mesi quello che arebbe avuto bisogno di quella tenera età che meg
o, in pochi mesi quello che arebbe avuto bisogno di quella tenera età che meglio apprende ogni cosa, e de lo spazzio di mol
E nel vero, chi non impara a buon’ora i buoni principii e la maniera che vuol seguitare, et a poco a poco non va facilitan
are la maniera, non aveva mai dato opera agl’ignudi con quello studio che si ricerca, ma solamente gli aveva ritratti di na
ca, ma solamente gli aveva ritratti di naturale nella ma[II. 85]niera che aveva veduto fare a Pietro suo maestro, aiutandog
aveva veduto fare a Pietro suo maestro, aiutandogli con quella grazia che aveva dalla natura. Datosi dunque allo studiare g
delle notomie e degl’uomini morti e scorticati con quelli de’ vivi - che per la coperta della pelle non appariscono termin
i - che per la coperta della pelle non appariscono terminati nel modo che fanno levata la pelle -, e veduto poi in che modo
scono terminati nel modo che fanno levata la pelle -, e veduto poi in che modo si facciano carnosi e dolci ne’ luoghi loro,
ll’ossa, de’ nervi e delle vene, si fece eccellente in tutte le parti che in uno ottimo dipintore sono richieste. Ma conosc
i che in uno ottimo dipintore sono richieste. Ma conoscendo nondimeno che non poteva in questa parte arrivare alla perfezzi
fezzione di Michelagnolo, come uomo di grandissimo giudizio considerò che la pittura non consiste solamente in fare uomini
nsiderò che la pittura non consiste solamente in fare uomini nudi, ma che ell’ha il campo largo, e che fra i perfetti dipin
nsiste solamente in fare uomini nudi, ma che ell’ha il campo largo, e che fra i perfetti dipintori si possono anco coloro a
rgo, e che fra i perfetti dipintori si possono anco coloro annoverare che sanno esprimere bene e con facilità l’invenzioni
lità l’invenzioni delle storie et i loro capricci con bel giudizio, e che nel fare i componimenti delle storie chi sa non c
asamenti e de’ paesi, il leggiadro modo di vestire le figure, il fare che elle si perdino alcuna volta nello scuro et alcun
nimali, e sopra tutto il far in modo nei ritratti somigliar gl’uomini che paino vivi e si conoschino per chi eglino sono fa
ereni, notte, lumi di luna, splendori di sole, et infinite altre cose che seco portano ognora i bisogni dell’arte della pit
mente il tempo, ma a farsi un ottimo universale in queste altre parti che si sono raccontate. E se così avessero fatto molt
raccontate. E se così avessero fatto molti artefici dell’età nostra, che per aver voluto seguitare lo studio solamente del
giovamento. Raffaello adunque, fatta questa risoluzione, e conosciuto che fra’ Bartolomeo di San Marco aveva un assai buon
usasse troppo gli scuri per dar maggior rilievo, prese da lui quello che gli parve secondo il suo bisogno e capriccio, cio
delle cose migliori d’altri maestri, fece di molte maniere una sola, che fu poi sempre tenuta sua propria, la quale fu e s
E questa si vide perfetta poi nelle Sibille e ne’ Profeti dell’opera che fece, come si è detto, nella Pace: al fare della
era fermato, né avesse cercato di aggrandirla e variarla per mostrare che egli intendeva gl’ignudi così bene come Michelagn
bene come Michelagnolo, non si sarebbe tolto parte di quel buon nome che acquistato si aveva; perciò che gli ignudi che fe
sarebbe tolto parte di quel buon nome che acquistato si aveva; perciò che gli ignudi che fece nella camera di torre Borgia,
arte di quel buon nome che acquistato si aveva; perciò che gli ignudi che fece nella camera di torre Borgia, dove è l’incen
ella camera di torre Borgia, dove è l’incendio di Borgo Nuovo, ancora che siano buoni, non sono in tutto eccellenti. Parime
n sono in tutto eccellenti. Parimente non sodisfeciono affatto quelli che furono similmente fatti da lui nella volta del pa
ostin Chigi in Trastevere, perché mancano di quella grazia e dolcezza che fu propria di Raffaello: del che fu anche in gran
mancano di quella grazia e dolcezza che fu propria di Raffaello: del che fu anche in gran parte cagione l’avergli fatto co
ntorio della Trasfigurazione di Cristo, nella quale sono quelle parti che già s’è detto che ricerca e debbe avere una buona
igurazione di Cristo, nella quale sono quelle parti che già s’è detto che ricerca e debbe avere una buona pittura. E se non
mpo più scuro et offende gl’altri colori coi quali è mescolato, credo che quell’opera sarebbe ancor fresca come quando egli
ancor fresca come quando egli la fece, dove oggi pare più tosto tinta che altrimenti. Ho voluto quasi nella fine di questa
la prudenza e virtù di Raffaello difendersi. Aggiugnerò ancor questo, che doverebbe ciascuno contentarsi di fare volentieri
e instinto inclinato, e non volere por mano, per gareggiare, a quello che non gli vien dato dalla natura, per non faticare
e, non si dee cercare di volere strafare per passare innanzi a coloro che , per grande aiuto di natura e per grazia particol
lare data loro da Dio, hanno fatto o fanno miracoli nell’arte: perciò che chi non è atto a una cosa, non potrà mai, et affa
io fra i vecchi Paulo Uc[c]ello, il quale affaticandosi contra quello che poteva per andare inanzi, tornò sempre indietro.
cielo va compartendo le grazie, acciò stia contento ciascuno a quella che gli tocca. Ma avendo oggimai discorso sopra quest
cca. Ma avendo oggimai discorso sopra queste cose dell’arte forse più che bisogno non era, per ritornare alla vita e morte
e bisogno non era, per ritornare alla vita e morte di Raffaello, dico che avendo egli stretta amicizia con Bernardo Divizio
I. 87]le, ma aveva ben trattenuto la cosa con dire di voler aspettare che passassero tre o quattro anni; il quale termine v
simo contento di questo laccio, andò in modo mettendo tempo in mezzo, che molti mesi passarono che ‘l matrimonio non consum
accio, andò in modo mettendo tempo in mezzo, che molti mesi passarono che ‘l matrimonio non consumò. E ciò faceva egli non
essendo creditore di Leone di buona somma, gli era stato dato indizio che alla fine della sala che per lui si faceva, in ri
e di buona somma, gli era stato dato indizio che alla fine della sala che per lui si faceva, in ricompensa delle fatiche e
liberato di farne un buon numero, e fra essi qualcuno di manco merito che Raffaello non era. Il quale Raffaello, attendendo
; onde avvenne ch’una volta fra l’altre disordinò più del solito: per che tornato a casa con una grandissima febbre, fu cre
che tornato a casa con una grandissima febbre, fu creduto da’ medici che fosse riscaldato; onde non confessando egli il di
’ medici che fosse riscaldato; onde non confessando egli il disordine che aveva fatto, per poca prudenza loro gli cavarono
e aveva fatto, per poca prudenza loro gli cavarono sangue, di maniera che indebilito si sentiva mancare, là dove egli aveva
bilito si sentiva mancare, là dove egli aveva bisogno di ristoro. Per che fece testamento: e prima come cristiano mandò l’a
il Fattore, et un non so chi prete da Urbino suo parente; ordinò poi che delle sue facultà in Santa Maria Ritonda si resta
ntrito, finì il corso della sua vita il giorno medesimo ch’e’ nacque, che fu il Venerdì Santo, d’anni XXXVII; l’anima del q
he fu il Venerdì Santo, d’anni XXXVII; l’anima del quale è da credere che , come di sue virtù ha abbellito il mondo, così ab
rte, al capo nella sala ove lavorava, la tavola della Trasfigurazione che aveva finita per il cardinale de’ Medici: la qual
orpo morto e quella viva, faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava; la quale tavola per la perdita di
in gran pregio tenuta. Fu data al corpo suo quella onorata sepoltura che tanto nobile spirito aveva meritato, perché non f
e tanto nobile spirito aveva meritato, perché non fu nessuno artefice che dolendosi non piagnesse, et insieme alla sepoltur
officio di cubiculario, et appresso per essere stato sì caro al Papa che la sua morte amaramente lo fece piagnere. O felic
la sua morte amaramente lo fece piagnere. O felice e beata anima, da che ogn’uomo volentieri ragiona di te e celebra i ges
ché quando egli gli occhi chiuse, ella quasi cieca rimase. Ora a noi, che dopo lui siamo rimasi, resta imitare il buono, an
colori e la invenzione unitamente ridotti a quella fine e perfezzione che appena si poteva sperare: né di passar lui già ma
ssar lui già mai si pensi spirito alcuno. Et oltre a questo beneficio che e’ fece all’arte, come amico di quella, non restò
infimi. E certo fra le sue doti singulari ne scorgo una di tal valore che in me stesso stupisco, che il cielo gli diede for
doti singulari ne scorgo una di tal valore che in me stesso stupisco, che il cielo gli diede forza di poter mostrare ne l’a
a uno effetto sì contrario alle complessioni di noi pittori; questo è che naturalmente gli artefici nostri, non dico solo i
he naturalmente gli artefici nostri, non dico solo i bassi, ma quelli che hanno umore d’esser grandi (come di questo umore
e l’opere in compagnia di Raffaello stavano uniti e di concordia tale che tutti i mali umori nel veder lui si amorzavano, e
o cadeva loro di mente: la quale unione mai non fu più in altro tempo che nel suo. E questo avveniva perché restavano vinti
ona natura: la quale era sì piena di gentilezza e sì colma di carità, che egli si vedeva che fino agli animali l’onoravano
e era sì piena di gentilezza e sì colma di carità, che egli si vedeva che fino agli animali l’onoravano nonché gli uomini.
si vedeva che fino agli animali l’onoravano nonché gli uomini. Dicesi che ogni pittore che conosciuto l’avesse, et anche ch
o agli animali l’onoravano nonché gli uomini. Dicesi che ogni pittore che conosciuto l’avesse, et anche chi non lo avesse c
i non lo avesse conosciuto, se lo avessi richiesto di qualche disegno che gli bisognasse, egli lasciava l’opera sua per sov
tenne infiniti in opera, aiutandoli et insegnandoli con quello amore che non ad artifici, ma a figliuoli proprii si conven
i, ma a figliuoli proprii si conveniva; per la qual cagione si vedeva che non andava mai a corte, che partendo di casa non
conveniva; per la qual cagione si vedeva che non andava mai a corte, che partendo di casa non avesse seco cinquanta pittor
endo di casa non avesse seco cinquanta pittori, tutti valenti e buoni che gli facevono compagnia per onorarlo. Egli insomma
r onorarlo. Egli insomma non visse da pittore, ma da principe. Per il che , o Arte della pittura, tu pur ti potevi allora st
, tu pur ti potevi allora stimare felicissima, avendo un tuo artefice che di virtù e di costumi t’alzava sopra il cielo! Be
stumi t’alzava sopra il cielo! Beata veramente ti potevi chiamare, da che per l’orme di tanto uomo hanno pur visto gli alli
l’orme di tanto uomo hanno pur visto gli allievi tuoi come si vive, e che importi l’avere accompagnato insieme arte e virtu
za di Giulio II e la generosità di Leone X, nel sommo grado e degnità che egli erono, a farselo familiarissimo et usarli og
rli ogni sorte di liberalità, talché poté col favore e con le facultà che gli diedero fare a sé et a l’arte grandissimo ono
chi, stando a’ suoi servigi, sotto lui operò, perché ritrovo chiunche che lo imitò essersi a onesto porto ridotto: e così q
o chiunche che lo imitò essersi a onesto porto ridotto: e così quegli che imiteranno le sue fatiche nell’arte saranno onora
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